Nel 2013 e nel 2015 Yoshiaki Nishimura produce per lo Studio Ghibli rispettivamente La storia della principessa splendente e Quando c’era Marnie, il primo in realtà in lavorazione per decenni, due degli ultimi lungometraggi animati usciti dal glorioso studio. O almeno così sembrava in un primo momento, visto che Hayao Miyazaki ha ripreso la matita in mano. L’esperienza dello Studio Ghibli come eccezione produttiva nel panorama dell’animazione nipponica, compagnia che riusciva cioè ad impiegare e pagare in forma stabile animatori, finisce però intorno al 2014, con la conseguente migrazione di molti professionisti dello studio verso una nuova avventura, lo Studio Ponoc. Fondato proprio da Nishimura, se all’inizio sembrava dovesse focalizzarsi solamente su cortometraggi e pubblicità, l’arrivo di Hiromasa Yonebayashi, già autore per Ghibli di Arrietty – Il mondo segreto sotto il pavimento e Quando c’era Marnie, probabilmente convince il gruppo a continuare, in modo originale, quanto fatto allo Studio Ghibli. Mary and the Witch’s Flower, il primo lavoro targato Ponoc ed uscito nelle sale dell’arcipelago venerdì scorso, è infatti sia l’ultima tappa in ordine di tempo dell’evoluzione estetica di Yonebayashi, che il film lo ha diretto, sia un’inevitabile e piacevole continuazione della poetica Ghibli.

Il lungometraggio è la trasposizione per il grande schermo di un romanzo della scrittrice Mary Stewart, La piccola scopa, in cui la giovane protagonista si trasferisce assieme alla nonna in una casa nella campagna inglese. Annoiata, impacciata e poco sicura di sè anche a causa dei suoi rossi capelli arruffati che ai suoi occhi la rendono diversa dagli altri, la giovane si ritrova catapultata in un ambiente che non conosce dove finisce per legare solo con due piccoli gattini. Proprio uno di questi la guiderà nel folto del bosco dove raccoglierà dei fiori magici che le doneranno poteri da strega, ma solo per un tempo determinato, le faranno trovare una vecchia scopa volante e scoprire un’altro mondo parallelo al nostro, un mondo fatato che nasconde però dei cupi segreti.

Come nei due film precedenti Yonebayashi eccelle nell’elemento visuale e specialmente nella scelta dei colori adoperati, lo scarto è rappresentato qui da un elemento selvaggio e fluido che anima le scene ambientate nel mondo magico, creature rotondeggianti e macchine di fantasia tecnologica formano una sorta di festa stravagante e surreale che se da un lato ricorda molto da vicino alcuni lavori Ghibli, dall’altro si spinge ancora più in là trovando una propria originalità. Proprio questo elemento visuale e di fantasia, la creazione cioè di un mondo magico con tutte le sue peculiari caratteristiche, è la parte più riuscita del lungometraggio che al contrario si perde un po’ nello sviluppo della storia e nella caratterizzazione dei personaggi.

La prima parte del film sebbene ci introduca a Mary ed alle sue debolezze, non lo fa in maniera molto convinta e in alcune parti cade in facili cliché, non sappiamo quanto ascrivibili a Yonebayashi e Riko Sakaguchi, co-autrice della sceneggiatura, e quanto al libro di Stewart. Le cose diventano nettamente più interessanti nella seconda parte del lungometraggio, quando facciamo conoscenza dell’università della magia, degli strambi personaggi che vi abitano e soprattutto quando le vicende accelerano dando il là alla parte finale dove, se non andiamo errati, ci è parso di notare un omaggio ad Akira di Katsuhiro Otomo.

Yonebayshi e soci non hanno quindi paura di mostrare i loro referenti, ci sono degli omaggi più o meno espliciti anche ad altri film Ghibli, ciò che non lascia propriamente soddisfatti allora non sono tanto le similitudini visive con le opere dello studio di Totoro, animatori e regista dopotutto sono cresciuti ed hanno lavorato con Miyazaki per anni e come detto all’inizio una certa continuità estetica non è di per sè negativa, anzi.

Ciò di cui si sente di più la mancanza è una freschezza di idee nello sviluppo della narrazione, elemento che aveva caratterizzato le due opere precedenti di Yonebayashi e che le rendeva particolarmente interessanti, ma di nuovo, non avendo letto il libro non sappiamo in che misura questo sia dovuto al libro su cui si basa il film e quanto dipenda invece da scelte del regista e dello Studio Ponoc. Mary and the Witch’s Flower è comunque il perfetto film animato estivo giapponese, un buon lungometraggio fantastico deliziato oltretutto dall’ottima e sognante musica di Takatsugu Muramatsu, il fatto che sia il primo lavoro targato Ponoc ha probabilmente fatto tirare le redini e consigliato a produttore e regista di andare sul sicuro, speriamo ci siano occasioni per opere più audaci in futuro.