Quando gli studenti stranieri si trovano di fronte con corpi mummificati, teste, dita, denti, sangue e oggetti appartenuti ai santi nelle chiese delle nostre città, molti inorridiscono – specialmente quelli che non hanno ricevuto un’educazione cattolica. Vedono con repulsione, anche se non priva di morbosa curiosità, l’idea di qualsiasi tipo di contatto con le reliquie e giudicano come barbarica superstizione l’idea di conservare e esporre tali reperti. Sembrano tirare un sospiro di sollievo quando pensano che, nella nostra epoca, questa pratica non ha più corso.
A QUEL PUNTO, basta dirigere la loro attenzione su personaggi e oggetti contemporanei, chiedendo se vorrebbero possedere una maglietta sudata di Ronaldo, un ciuffo di capelli di Marilyn Monroe, andare a toccare la pietra tombale di Jim Morrison o lo schermo del primo computer di Steve Jobs. Il confronto fra questi e i santi medievali, in genere, strappa agli studenti un sorriso di perturbante consapevolezza nel constatare quanto si somiglino i rituali delle vecchie reliquie con i rituali delle nuove.
Se questo forse irriverente paragone non funziona, allora si può estendere anche agli esseri umani in pietra, legno, terracotta, gesso i cui resti andiamo a visitare nei musei. Busti, torsi, teste, sarcofaghi con l’occorrente per la vita quotidiana nell’oltretomba, calchi di donne uomini animali còlti nei loro ultimi spasmi prima della morte come quelli sempre più numerosi esposti a Pompei sono anch’essi reliquie che, in qualche modo, ci attendono per suscitarci, se non altro, il miracolo laico della meraviglia. Per tale motivo, andare alla scoperta dei luoghi che ospitano corpi e oggetti miracolosi non è solo un pellegrinaggio per devoti, ma può essere anche un viaggio dentro una porzione della nostra cultura che pensiamo appartenga a un passato ormai remoto e che invece fa parte ancora del nostro paesaggio interiore e abitudini. In tal senso, un utile itinerario ci è offerto dal libro di Mauro Orletti, Guida alle reliquie miracolose d’Italia (Quodlibet, pp. 229, euro 16).
UN PERCORSO DOPPIO quello offerto da Orletti che da un lato ci riporta dentro le nostre cripte e reliquiari interiori ,e dall’altro lato, traccia le storie e le geografie a cui le reliquie miracolose hanno dato vita. Anche in questo caso le possibili analogie fra passato e presente si rivelano interessanti, a volte sbalorditive. Ad esempio, la sorprendente somiglianza della figura sulla Sindone con quella di un negativo fotografico, con tanto di ipotesi di un’immagine ottenuta da una camera oscura ante litteram costruita e messa in funzione da Leonardo da Vinci. Spiegazione, questa, dotata di una certa plausibilità che tuttavia rasenta una meraviglia forse più miracolosa dello stesso miracolo dell’impressione spontanea dei tratti di Gesù sul tessuto che lo copriva nel sepolcro.
Sono diversi e spesso accattivanti i racconti di Orletti che intrecciano i percorsi delle reliquie con quelli dei relitti archeologici, dell’arte, dell’immagine, dei feticci privati e pubblicitari, dei rapporti molto più sfaccettati di quanto in genere si pensi tra ciò che è unico originale e ciò che è riproducibile; con quanto siamo ancora oggi disposti a credere e a spendere per rendere esteriori e storici gli eventi interiori e i fantasmi senza tempo che ci abitano generazione dopo generazione. Compiuto con spirito di paragone, questo itinerario fra le reliquie miracolose forse ci rivela contro le aspettative che proprio la nostra epoca, più intensamente di quelle passate, è disposta a credere a tutto, a fare anche di beni tanto necessari quanto fungibili, come l’acqua firmata da Chiara Ferragni, una reliquia miracolosa.