Il tempo ha una struttura labirintica, le sue direzioni sono molteplici, esso va e viene sia nelle componenti profonde della materia atomica sia nella materia consapevole di se stessa, i cervelli animali.
Anche per questo la domanda sul tempo non riguarda soltanto il movimento fisico delle cose, dei viventi, degli astri. È una domanda che ha sempre a che fare anche con la memoria. È tale complessità che Pio Colonnello ha indagato in Fenomenologia e patografia del ricordo (Mimesis, pp. 151, euro 16), ponendo in connessione il lavoro della memoria con il «bisogno di redimere il dolore», di rendere lieve il peso dell’accaduto, di riunire il separato, di coniugare l’adesso con il già stato in modo da dare un senso a ciò che sta per avvenire e che verrà. Passato, presente e futuro sono delle «estasi», sono delle aperture ai ricordi, al percepito, all’atteso ed è per questo che «nel singolare rapporto delle ekstasi temporali tra loro, entra finalmente in gioco la riconciliazione, il rinnovato accordo dell’uomo con il suo proprio destino».

LE IMMAGINI del passato possono risultare molto più vive rispetto a quelle che abbiamo davanti in questo momento, perché sono immagini-sintesi di sentimenti profondi, di angosce superate soltanto in parte, di ferite sempre dolenti, di desideri che non sono finiti. È la ragione per cui queste immagini «chiedono ancora spiegazioni al presente, mentre dal pozzo della memoria, cavità cupa ed evanescente, affiorano solo pallide immagini, lievi simulacri».

PERCORRIAMO di continuo il magnifico labirinto del tempo, fatto con i mattoni dei nostri ricordi, i quali però non sono mai rappresentazioni statiche, ferme e sempre uguali a se stesse. No, i ricordi sono continuamente cangianti, riletti e riscritti alla luce delle urgenze presenti e delle aspirazioni future. Questo vuol dire Husserl quando sostiene – come prima di lui aveva fatto Agostino – che il presente della mente si distende e si estende in ogni altra dimensione del tempo, sino a creare quei ricordi di fantasia che sono generati «dalla capacità della coscienza intenzionale di ricollocarsi in ogni punto del flusso e di produrlo ‘ancora una volta’». Su questi ricordi si incentra con particolare attenzione la psicoanalisi.

FORME di realizzazione e compimento dell’accordo con sé e della riconciliazione con gli altri sono il perdono e la promessa, due facce dello stesso volto del tempo, poiché «l’una è rivolta al non-più e l’altra al non-ancora».
Giustamente Paul Ricoeur mette in guardia «dalla trappola del perdono facile», che pretende di cancellare il conflitto con un atto unilaterale, mentre la conciliazione va chiesta, maturata, faticosamente conquistata, là dove è possibile che accada. In questi fenomeni insieme interiori e sociali mostra tutta la sua potenza il divenire, capace di dare quiete anche ai più frenetici e feroci gesti della storia collettiva e di mutare segno alle speranze, ai desideri, alle illusioni, agli amori.

TUTTI RECISI dalla falce del tempo ma che del tempo sono sostanza. Una volta accaduti, infatti, essi lo sono per sempre. E i ricordi costituiscono la viva testimonianza della loro presenza adesso e qui, nel tessuto dei mesi, delle ore, dei giorni.
Il ritmo pacato e attento di questo libro, della sua scrittura, mostra tale divenire in filosofi e narratori come Arendt, Borges, Jaspers, Freud, Nietzsche, Heidegger. In tutti loro la salute umana mostra di essere in primo luogo equilibrio e gioco tra il ricordo e l’oblio, tra la tenacia dei sentimenti già vissuti e l’apertura ad accogliere il nuovo.