L’attacco che in questi giorni si registra nei confronti di diverse realtà sociali che animano la nostra città è un fatto che desta grande preoccupazione.

Mi dispiace molto, però, che il mio nome venga affiancato alla delibera 140 del 2015 di Roma Capitale che non ho redatto non avendo in quel periodo più la delega al patrimonio. Non capisco dunque le responsabilità che nell’articolo – pubblicato il 27 gennaio su un blog del sito del «manifesto» – mi vengono attribuite. La suddetta delibera è oltretutto passata in giunta dopo una lunghissima discussione e a seguito di un duro confronto.

In quella circostanza mi sono battuto per modificarla, malgrado i pareri contrari di alcuni uffici che richiedevano un provvedimento particolarmente restrittivo anche a seguito della pressione di numerose indagini aperte dalla magistratura proprio sugli spazi sociali. Una norma in particolare doveva tutelare questi spazi, l’articolo 5, che prevedeva per le realtà sociali che garantivano attività sociali e culturali sul territorio, il rinnovo dei loro contratti. Questa l’interpretazione data allora dagli uffici.
Oggi, con il prefetto Tronca e il nuovo assetto amministrativo, la stessa delibera è stata interpretata in modo radicalmente diverso. Oltretutto l’amministrazione comunale si stava dotando di un importante strumento di partecipazione ai beni comuni con una delibera che coinvolgeva diversi assessorati, sul modello di Bologna e Napoli. Quel lavoro era concluso e pronto per essere presentato alla città. La caduta della Giunta Marino ha interrotto questo percorso. È stato possibile, dunque, approvare solamente una memoria di giunta senza discussione nell’Assemblea capitolina.

Perché non ripartire da quel testo per trovare una soluzione a tutte le realtà autogestite che garantiscono la vivibilità sociale e culturale nelle periferie romane, colpendo invece quei soggetti che in questi anni hanno utilizzato il patrimonio comunale per loro interessi economici, privando la città di importanti risorse economiche?

Il patrimonio pubblico è un bene comune da usare accuratamente.

Proprio per questo nel breve periodo in cui ho avuto la delega a questo settore, oltre a scardinare alcuni interessi economici (società che affittavano fuori mercato edifici, modelli gestionali inadeguati etc.) – con un risparmio per i cittadini romani di oltre 20 milioni di euro l’anno – mi sono impegnato per un utilizzo del patrimonio per finalità sociali e per una nuova economia, come con le terre pubbliche ai giovani agricoltori o il riutilizzo di immobili in disuso a scopo abitativo.

Mai ho pensato di mettere in discussione le realtà sociali che rendono viva e arricchiscono la città e che fanno parte anche della mia storia.