Diffuso in tutte le civiltà, l’inferno riflette i valori delle società che lo hanno immaginato. Nel medioevo europeo la rappresentazione si è arricchita di demoni e diavoli configurando un complesso meccanismo punitivo. In età contemporanea il demonio diventa solamente una figura allegorica, ma la dimensione demoniaca non è scomparsa anche nei suoi tratti più tradizionali. Nel codice di diritto canonico (can. 1172) si afferma che nell’esorcismo «occorre procedere con prudenza, osservando rigorosamente le norme stabilite dalla Chiesa». Ci aiuta a capire cosa significhi nella prassi lo studio di Chiara Zanasi (Demoni & Metropoli, edito da manifestolibri, pp.126, euro 16). Il libro costituisce la sintesi di un lavoro etnografico nell’area metropolitana romana. Il campo della ricerca, durata circa vent’anni, è delimitato dal set rituale di padre Gabriele Amorth, il più famoso degli esorcisti italiani, scomparso nel 2016.

LA BIOGRAFIA di questo personaggio meriterebbe un libro a sé: partigiano bianco nel modenese, giovane democristiano legato al gruppo di Dossetti, poi sacerdote paolino e dal 1986 punto di riferimento degli esorcisti italiani. In tempi recenti si era distinto per la sua «condanna» di Beppino Eglaro in quanto «messaggero del demonio», ma come dimenticare anche l’invettiva contro Harry Potter?
Siamo di fronte a una figura che la Chiesa istituzionale ha tenuto ai margini, costringendolo a operare negli scantinati, senza tuttavia negargli uno spazio di visibilità su Radio Maria. Una personalità pubblica, autore di numerosi libri, che si è attribuito più di 50mila interventi su «indemoniati» provenienti da tutta Italia. Danno un’idea dell’estensione del fenomeno i dati diffusi dall’Osservatorio antiplagio nel report Magia e occultismo del 2016: 35mila gli italiani che ogni giorno si rivolgono a sensitivi, veggenti e guaritori; duemila operatori solo nel Lazio.

LA RICERCA DI ZANASI, limitata ai casi di esorcismo, ci restituisce uno spaccato particolare di un fenomeno radicato. Dei trenta casi presi in esame la maggioranza è composta da donne, spesso giovani e di provenienza urbana, scolarizzate e incluse in ambito lavorativo.
Per quanto riguarda il metodo, il lavoro qui pubblicato è un esempio di ricerca-azione antropologica fortemente partecipata. Inserita come osservatrice nell’équipe che assisteva il «sacerdote», l’autrice racconta nel dettaglio «una teatralizzazione della crisi ormai inimmaginabile negli asettici set psichiatrici». Il rito, che si ripete identico nel tempo, mira a scacciare la presenza del diavolo attraverso la preghiera, ma senza disdegnare l’utilizzo di «pratiche magiche»: dalla scopa fuori dalla porta, alla richiesta di bruciare fotografie e oggetti inquinati dalla fattura.

SE L’EZIOLOGIA GENERALE deriverebbe proprio all’aver praticato magia e occultismo anche in forme giocose, la cura si presenta invece come estremamente dolorosa. Quasi come nel film di Friedkin, gli «indemoniati» piangono, rimettono muco, si mostrano aggressivi e violenti, urlano e addirittura talvolta ululano in trance per poi tornare a uno stadio di normalità alla fine del rito. Pur riconoscendo una valenza culturale a queste manifestazioni, gli psichiatri tendono a collocare la fenomenologia della possessione entro uno spettro di patologie che comprende l’isteria, la schizofrenia, e forme gravi di depressione. Non sfugge, del resto, che la maggioranza dei casi presentati si leghi a storie talvolta drammatiche di disagio familiare, come testimoniano le interviste condotte da Zanasi dentro e fuori dal set.

SONO SOPRATTUTTO I LUTTI più difficili da accettare a condurre i «pazienti» di Amorth ad avvertire il senso di una maledizione. I circuiti culturali del fanatismo religioso con i quali sono già in contatto, o entreranno in contatto magari dopo essersi rivolti senza successo a maghi e guaritori, permettono il passaggio successivo. L’«indemoniato» – racconta l’antropologa – continua spesso a condurre una vita normale, talvolta senza condividere con il mondo esterno ciò che succede negli scantinati dell’esorcista.

Come osserva Roberto De Angelis nell’introduzione, date anche le proporzioni e la quotidianità del fenomeno, il ricorso a maghi ed esorcisti rappresenta oggi una delle forme del ritorno alla religione nelle società occidentali. Si tratta di qualcosa di profondamente radicato nella storia, ma l’«insicurezza dell’esserci», per usare la celebre formula di De Martino, sembra essere diffusa in una società in profonda crisi culturale. Il post-secolarismo è anche una sovrapposizione tra religione e superstizione. Come di fronte a Medjugorje, la Chiesa ha scelto di tenere dentro la contraddizione; per disciplinarla, ma forse anche per non perdere il contatto con una dimensione del religioso che sembra sfuggirle di mano.