Chi i cellulari ormai superati, chi i precedenti pc ormai troppo lenti, chi il tostapane che funziona a singhiozzo, chi la vecchia radio che legge ancora le audiocassette… sono solo alcuni esempi delle tantissime apparecchiature elettroniche ed elettriche che diventano i cosiddetti RAEE (Rifiuti di Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche), rifiuti che derivano da tutti gli elettrodomestici e i prodotti tecnologici, di ogni tipo e dimensione, che per funzionare hanno bisogno di una spina elettrica, di pile o batterie: frigoriferi, lavatrici, televisori, computer, monitor, cellulari, telecamere, videogiochi, lettori MP3, ferri da stiro, phon, frullatori, aspirapolvere, ecc, che gli italiani hanno in casa e di cui in generale nella maggior parte dei casi non riescono o non vogliono liberarsi. Diventando così i numerosi terminali di una miniera casalinga e diffusa di risorse preziose.

LO MOSTRANO I DATI di un sondaggio condotto da Ipsos per Erion, il più importante sistema di responsabilità estesa del produttore, realizzato di recente su un campione di popolazione di 1.400 persone fra i 18 e 75 anni distribuiti equamente fra nord, centro e sud del paese. Di questi, l’84% ha dichiarato di aver in casa uno o più apparecchi elettrici o elettronici che non usa più (81%) o che non sono più funzionanti ( 61%) : in media, 9 apparecchi per persona. Per quanto riguarda quelli in disuso, per lo più si tratta di piccoli apparecchi informatici: nel 46% dei casi si tratta di almeno un cellulare, nel 45% un caricabatterie; oppure piccoli elettrodomestici: vanno per la maggiore ferri da stiro ( 33%) e asciugacapelli (30%), molto diffusi anche aspirapolveri e vecchie video/fotocamere. Non mancano anche i grandi elettrodomestici, come i frigoriferi: il 19% del campione dichiara di averne uno funzionante in disuso.

PERCHé NON VENGONO REGALATI, messi in vendita, consegnati a un rivenditore? Il motivo principale è che «non si sa mai», ovvero l’eventualità di un possibile utilizzo futuro, che sempre secondo il sondaggio pesa per il 59%. Un’altra motivazione piuttosto diffusa (22%) è l’attaccamento affettivo. Risultano essere 6 italiani su 10 invece quelli che hanno in casa almeno un apparecchi che non funziona più, che sono il più delle volte cellulari, caricabatterie o laptop. Anche in questo caso la speranza è quella di poterli riparare o riutilizzare in futuro o di riciclarne alcune componenti.

IN MOLTI CASI PERO’ (UNO SU QUATTRO) il non conferimento è dovuto a una mancanza di conoscenze sulla corretta procedura, oppure in un caso su 6 ci sono delle difficoltà oggettive per raggiungere i centri di raccolta. Da questi due fattori deriva anche il fatto che nei casi in cui gli apparecchi vengano invece conferiti, lo si faccia in maniera inappropriata: ad esempio più di una persona su 5 di quelle che hanno conferito un asciugacapelli negli ultimi 12 mesi, lo ha fatto gettandolo nel sacco dell’indifferenziata, nel cassonetto stradale, o nel bidone della plastica, idem per tostapane e frullatori. Ci si potrebbe aspettare che tali comportamenti siano più diffusi fra le fasce di popolazione di età più alta, meno al passo con i comportamenti necessari per la salvaguardia del pianeta, e invece come dato sorprendente, e anche preoccupante, c’è il fatto che i maggiori accumulatori seriali e distratti si trovano fra i giovani.

INNANZITUTTO I GIOVANI SONO i più ignoranti in materia: solo uno su 4 conferma la conoscenza della definizione di RAEE, un dato inferiore del 13% rispetto al totale della popolazione (46% negli adulti, 23 % nei giovani) . E poi tutte le altre percentuali sono più alte: l’89% dei giovani fra i 18 e i 26 anni tiene in casa apparecchiature funzionanti che non usa, il 73% apparecchiature non più funzionanti. I giovani fanno peggio anche nelle modalità di conferimento: il 40 % degli intervistati appartenenti a questa fascia d’età dichiara di aver smaltito in modo scorretto un’ apparecchiatura elettrica o elettronica.

IL TASSO DI RACCOLTA DEI RAEE IN ITALIA è ancora molto basso: siamo al 15% quando la comunità europea chiede il 65%. Ogni anno nel nostro Paese si raccolgono infatti 385 mila tonnellate di RAEE, circa 6 kg per abitante, ma dovremmo arrivare, secondo i target europei, almeno a 600 mila tonnellate, 11 chili l’anno per persona: mancano all’appello quindi 3.81 kg/persona. Questo per innescare un circuito efficace di economia circolare per quelle materie prime definite «critiche» o «strategiche» di cui i RAEE sono vere e proprie miniere urbane: basti pensare che da 100 kg di questo tipo di rifiuti si potrebbero ricavare 90 kg di materie prime seconde.

LA MANCANZA DI INFORMAZIONE è sicuramente un fattore chiave di questo ritardo. Le modalità con cui ci si può liberare di questo tipo di rifiuti sono poco conosciute dal cittadino. Secondo Giorgio Arienti, direttore generale di Erion, servono campagne più spinte e sono anche poche le occasioni di raccolta. Oltre alle isole ecologiche ci sono i negozi specializzati, ma con tutta una serie di limiti.

IL RITIRO UNO CONTRO ZERO inoltre vale solo per i negozi specializzati sopra i 400 metri quadrati, dove ci si reca raramente e quando lo si fa, magari non si porta con sé l’apparecchio. I punti di raccolta vanno aumentati, in modo tale che la quantità di materiale raccolto inneschi un’industria del recupero di alcuni materiali che in Italia ancora non c’è, perché richiede impianti molto sofisticati su cui nessuno ancora investe perché i RAEE sono pochi. Ecco quindi che ad esempio, le schede dei personal computer, piene di risorse critiche, se ne vanno in impianti di trattamento in Belgio e in Germania, diventando disponibili non più per l’industria italiana ma per quella europea.