Credo che parecchi di voi abbiano visto la puntata sulla bicicletta di Presa Diretta, il programma che Riccardo Iacona conduce su Rai3. Io ci ho messo un po’, perché quella sera stavo cucinando per una tavolata consistente, e in seguito i miei sistemi informatici obsoleti non mi hanno permesso di collegarmi a Raiplay.

Finalmente sono riuscito a vederla qualche giorno dopo con sistemi alternativi, e dall’alto della mia onniscienza ciclistica, totale e indiscutibile, sono costretto a dire che mi è piaciuta; e mi ha dato l’opportunità di cogliere spunti che spero interessanti anche per altri.

Vedere con gli occhi di un estraneo al cicloattivismo e conduttore di una trasmissione marcata servizio pubblico è sicuramente interessante e potenzialmente deludente per gente come me che ha assunto da anni quello stile di esistenza come una necessità dai risvolti dirompenti -in positivo – per la società nel suo complesso.

Vi dico cosa temevo. Prima che andasse in onda: «Sarà la solita tirata pietistica su noi freak della bicicletta, magari con accenni a quanti vecchietti trinciamo sul marciapiede». Dopo la messa in onda ho chiesto a tutti che impressione ne avessero tratto, quale fosse il messaggio di fondo, se per caso fosse stata utile. Le opinioni dominanti: «Dice che servono infrastrutture» e anche «è una trasmissione rivolta non a noi che in bici ci andiamo ma a chi ancora non lo fa». Il titolo era confortante: «La bicicletta ci salverà», ma io non mi fido dei titoli. La seconda opinione mi ha fatto rilassare parecchio.

Sull’esigenza di infrastrutture invece no, ho alzato un orecchio e mi sono un po’ preoccupato. Circa 25 anni di Critical mass ci hanno insegnato che l’infrastruttura c’è e si chiama strada, occorre liberarla dalle macchine e la cosa è fatta. Mi accosto dunque al video con qualche apprensione, tipo «Iacona ci ha rovinato»…Neanche per idea: gentilmente, con dati e cifre, ha detto a tutta Italia che si sposta in maniera idiota (lui ha detto «da pazzi»); ha dimostrato che da casa sua alla Rai ci mette 35 minuti in bici e 56 (più 20 di ricerca parcheggio) in macchina, per circa 10 km; che, in definitiva, non si intende «cancellare le macchine dalla faccia del pianeta» (mio salto sulla sedia) «ma dalle nostre città sì» (mio riatterraggio sulla sedia).

E via così, mostrando eccellenze italiane, progetti in corso, quanto può venire a occupazione (al primo posto) ed economia (secondo posto) dal sistema legato alla bici. Un messaggio equilibrato e soprattutto dimostrato, insomma.
Il giorno dopo m’imbatto nel post di un sito che si fa gli affari degli italiani (non intendo pubblicizzarlo) dal titolo «Presa diretta, l’estremismo ideologico di Riccardo Iacona», ribadito nel sottotitolo – evidentemente la loro platea non è granché sveglia e ha bisogno dell’aiutino: «Il programma di Riccardo Iacona simbolo di estremismo ideologico». Inutile riportare le loro banalità ottocentesche.
Bravo Riccardo, hai colpito nel segno. Rifallo.