18.726 nuovi casi positivi al coronavirus confermano che il calo dei contagi prosegue. La discesa non dipende da un numero inferiore di test: anche il rapporto tra tamponi positivi e tamponi eseguiti rimane sotto il 10%. Il numero di decessi rimane altissimo, perché 761 vittime di Covid-19 in 24 ore è un dato superato solo negli Stati Uniti, ma su base settimanale anche questo numero mostra un calo dell’11%.

Anche dal rapporto settimanale della Cabina di Regia formata dal Ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità emerge un quadro tutto sommato positivo. L’ordinanza del ministro Speranza riporta in zona gialla Piemonte, Basilicata, Lombardia e Calabria dal 13 dicembre. Domani l’Abruzzo torna invece in zona rossa, dopo che il Tar ha sospeso l’ordinanza del governatore Marsilio. Ma durerà solo per un giorno, perché da domenica il ministero collocherà la regione in zona arancione.

L’indice di trasmissione a livello nazionale è sceso a 0,82. Ma come al solito gli esperti del ministero sono cauti: «Si osserva una leggera diminuzione dell’incidenza di casi di Covid-19 a livello nazionale, ma l’incidenza rimane elevata intorno a 450 casi ogni centomila abitanti» dice Gianni Rezza, direttore generale della prevenzione e membro autorevole del Comitato Tecnico Scientifico. L’indice Rt supera la soglia critica arrivando a 1,45 solo in Molise, dove bastano pochi focolai per far oscillare il parametro. Infatti è una delle due regioni, insieme alla Basilicata, in cui il rischio è classificato «basso».

Ma il quadro non è tutto roseo: «In alcune aree del paese si nota un aumento dell’incidenza stessa. Rimane al di sopra della soglia critica il tasso di occupazione sia in area medica che in terapia intensiva», segnala Rezza. Dall’infettivologo più autorevole del ministero, solitamente restìo a partecipare al dibattito politico, arriva anche un messaggio per i governatori: «È necessario che i cittadini continuino a mantenere atteggiamenti prudenti e al tempo stesso le amministrazioni locali devono vigilare per mantenere alto il livello di allerta».

È la stessa linea del ministro della salute Speranza, in contrasto con le aperture promesse dal ministero. Ci sono ancora 5 regioni o province autonome classificate a rischio «alto»: Emilia-Romagna, Puglia, Sardegna, Trentino e soprattutto il Veneto, che nella prima ondata era diventato un modello da seguire e adesso rappresenta un caso spinoso.

Mentre i parametri nelle altre regioni calano pressoché tutti, la situazione dell’epidemia in Veneto continua infatti a peggiorare. Nell’ultima settimana sono aumentati non solo i decessi, ma anche i casi giornalieri, che in 24 ore sono stati quasi 3900. Continua ad aumentare anche il numero di ricoverati in terapia intensiva, ormai sugli stessi numeri del picco della prima ondata (349) con 51 nuovi ingressi solo ieri.

Molti criticano la linea del governatore Zaia dopo il divorzio dal microbiologo Andrea Crisanti che aveva organizzato la strategia di testing intensivo della primavera. Oggi il Veneto fa pochissimi tamponi molecolari rispetto ai casi: l’82% dei casi testati risultano positivi, la percentuale più alta in Italia e quasi il quadruplo della media nazionale.

Ma Zaia minimizza e spiega invece che «il Veneto fa tanti test: oggi 56.430 tamponi, di cui 16.300 molecolari e 40.130 rapidi». La Regione ha scritto al ministero affinché il suo metodo sia riconosciuto ufficialmente nei dati. L’indice Rt della regione, calcolato sui casi di un paio di settimane fa, rimane ancora sotto quota 1. La zona gialla per il momento non è a rischio.