1. In una farmacia del centro sono conservati i vecchi arredi. Uno stile composito di foggia rinascimentale. Scaffalature di noce chiaro sostenute da colonne tortili. Stipi con maniglie di bronzo: piccole teste di leone dalla doratura consunta che tengono tra le fauci un anello. Il banco della cassa ha intagli a larghe foglie d’acanto e colonnine corinzie. Quello che fino a poco tempo fa era un retrobottega ed un laboratorio con un grande tavolo dal piano di marmo, è stato di recente completamente rinnovato. Un vasto ambiente. Vetro e acciaio, ai muri bianche cassettiere fitte di tiretti. Si aprono e si chiudono correndo veloci su binari nascosti. Una gran luce conferma l’asettica, immacolata nettezza della stanza. I farmacisti fanno la spola con il bancone. Nella vetrina della farmacia, sulla strada, accanto alla porta d’ingresso, alcuni strumenti del laboratorio, bilancini e storte, due vasi di cristallo blu, fanno ora bella mostra di sé. E tre albarelli di maiolica decorati a rameggi che sorreggono cartigli. In uno sta scritto Seme di Endivia. Nel secondo Estratto di Camomilla. E nel terzo Unguento di Tuzia. Al centro della vetrina il pannello pubblicitario di una nota marca di dentifricio. Su un fondo nero si vede un teschio. Le orbite vuote, ma perfetta, intatta e smagliante la dentatura. Il teschio, come un bucaniere il coltellaccio, stringe tra i denti un tubetto lucente della famosa pasta dentifricia.

2. Pochi i passeggeri nell’ultima corsa della metropolitana. Salgono due giovani. Lui porta una canottiera grigia. Una testa di morto stampata in bianco dall’orlo dello scollo all’altezza della cintura campeggia come un vessillo. Lui mostra le braccia nude tatuate. Sull’avambraccio destro, a chiudere una ghirlanda di serpenti intrecciati a rami di rose rosse che cala giù dalla spalla, un volto di donna dalla lunga capigliatura. Un occhio le cola via nel processo di disfacimento che le viene scomponendo una guancia e le labbra. L’altro occhio, di color celeste, sembra vivo e guarda. Il giovane uomo si siede accanto alla ragazza che è già seduta. Le passa sulle spalle il braccio destro. Un delicato abbraccio, un gesto di protezione. Sul bicipite sinistro ha tatuato un teschio. Un teschio ‘calavera’, delineato cioè alla maniera dei dolci di zucchero modellati come teste di morto che, tradizionalmente, nel dias de los muertos, si confezionano in Messico. Spicca sulla pelle abbronzata contornato da un serto di fiori di marigold. Una candela accesa è sistemata nella cavità d’un’orbita. L’osso frontale è segnato da tele di ragno. La ragazza è bruna. Ha grandi occhi marroni. Porta una blusa leggera con un ampio scollo. Appena sotto il collo, sulla pelle chiara quasi d’avorio, ha tatuato un teschio della dimensione di un uovo. Un cobra si è insinuato nel cranio vuoto e si affaccia tra gli sconnessi denti alzando la testa. La sua coda descrive una esse sullo zigomo. La prima lettera maiuscola del nome Sally.

3. Tre giovani parrucchieri si sono associati ed hanno aperto nel cuore della città un magnifico salone (poltrone, grandi specchi, aria condizionata musica di sottofondo) a pochi passi da una celebre basilica meta di turisti per le famose tele dei suoi altari. Coiffeur bisex sta scritto in lettere d’argento sul vetro all’ingresso. Sotto la scritta, impresso in oro, il logo scelto: un teschio dalla folta capigliatura scompigliata dal vento. Lo stesso che soffia nella pubblicità degli shampoo.

4. Una giovane madre spinge una carrozzina. È la tarda mattinata di una giornata incerta. Grandi nuvoloni nel cielo azzurro coprono a tratti il sole. Cadono alcune gocce di pioggia calda. Le nuvole corrono sopra i pini del parco cittadino. La giovane madre vi giunge e prende posto al tavolo di un caffè all’aperto. Ora il sole splende. Abbassa la capote della carrozzina e sorride mentre rassetta le lenzuola leggere. Sono rosa a pois bianchi. No, non sono pois. Sono tanti piccoli teschi che punteggiano il rosa. Infatti lei è la madre di una bella femminuccia.