Procede, quasi decolla. E forse senza lasciare a terra nessuno. Dopo la decisione quasi ufficiale della Commissione europea di non prendere troppo in considerazione le riserve di Lufthansa sull’alleanza tra Alitalia e Etihad – “bloccatela, è un’operazione illegale perché prevede aiuti di Stato” – ieri sera i vertici della compagnia aerea nostrana hanno incontrato i sindacati (troppo tardi per darne conto su questo giornale). Comunque un altro passo avanti.

La trattativa sembra essersi messa per il verso giusto, come ha anticipato il segretario della Cgil Susanna Camusso: “Si è sbloccata nel momento in cui si è tolta dal tavolo l’idea che ci dovessero essere esuberi”. Il tema è la “riduzione del costo del lavoro”: cassa integrazione a rotazione e contratti di solidarietà per poco più di 2.300 dipendenti per due anni, con l’obiettivo di risparmiare 128 milioni di euro l’anno. Il più ottimista, prima ancora di sedersi al tavolo, è il segretario della Cisl Raffaele Bonanni: “Nessuno a casa grazie agli interventi sull’orario e ai contratti di solidarietà per mantenere il lavoro a tutti”.

La questione occupazionale ovviamente è la più importante per Cgil, Cisl e Uil, ma anche per i partiti di governo che non potrebbero sopportare l’apertura di un altro fronte di crisi di una tale portata; e proprio di questo sarà chiamato a rispondere oggi alla Camera il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi. Un intervento necessario per dare credito alla promessa fatta dall’ad di Alitalia Gabriele Del Torchio secondo cui il piano prevede 1.900 esuberi ma da realizzare senza nemmeno un licenziamento.

Adesso bisognerà leggere bene le carte per comprendere se dopo il benestare delle banche (che hanno deliberato uno stanziamento di 200 milioni di euro per finanziare Alitalia agevolando la trattativa con gli Emirati Arabi) tutti i rappresentanti dei sindacati daranno il via libera al progetto che prevede l’ingresso al 49% degli arabi. In ogni caso, più che di un accordo esaltante, si tratta di un “salvataggio” che non si può rifiutare, anche se probabilmente non si sono margini per farsi troppe illusioni, come pretendere il riassorbimento delle migliaia di lavoratori espulsi nel 2008. In più, sullo sfondo, rimangono almeno altri due nodi da sciogliere.

La complessa trattativa tra Alitalia e Etihad potrebbe produrre nuove aggregazioni tra compagnie aeree e società aeroportuali che di fatto porterebbero al declino definitivo dell’aeroporto di Malpensa, un’ipotesi contro cui già rumoreggiano sindacati e forze politiche del nord visto che la compagnia araba ha già un hub all’aeroporto di Fiumicino (Roma). “Chiediamo con che vengano presentati i progetti di sviluppo sui singoli aeroporti”, spiega il segretario generale della Cisl Lombardia Gigi Petteni.

In ogni caso, quand’anche la trattativa andasse in porto, l’ultima parola potrebbe spettare al dipartimento della Commissione europea che si occupa di fusioni aziendali. Del resto Bruxelles non avrebbe torto se ravvisasse un “aiutino” di Stato, anche se il ministro Lupi si affanna a dire che questo è solo un affare tra privati: l’aumento di capitale della compagnia di bandiera è stato determinato anche dalla partecipazione di Poste Italiane con un intervento da 75 milioni di euro. “La Commissione – ha avvisato il portavoce Ue alla concorrenza Antoine Colombani – continua ad esaminare l’aumento di capitale di Alitalia e sta seguendo gli sviluppi della vicenda con attenzione”.

L’unico ostacolo effettivamente già rimosso sembra essere il “semaforo verde” della Commissione europea che ieri ha gelato i tedeschi di Lufthansa che avevano chiesto di bloccare l’alleanza tra arabi e italiani. Non c’è ancora una presa di posizione ufficiale, ma sembra che un funzionario della Commissione abbia precisato che “la base legale per il controllo della validità degli aiuti di stato esercitato dalla Commissione si riferisce esclusivamente agli aiuti dati da uno stato membro Ue”. In buona sostanza, l’Europa non può niente se eventuali sussidi illegali provengono da un paese non europeo. E Abu Dhabi non è in Europa.