Poco prima delle 15, ieri, la sindaca di Quarto, Rosa Capuozzo, ha varcato l’ingresso del tribunale di Napoli, ci è rimasta per cinque ore dopo aver già subito quattro interrogatori in precedenza: il suo status è quello di testimone e parte lesa, vittima di un ricatto da parte dell’ex consigliere comunale grillino Giovanni De Robbio. I pm non sono convinti delle sue deposizioni: da una settimana la pressano per sciogliere le contraddizioni, in particolare sul tentativo di estorsione ai suoi danni non denunciato.

Intanto il marito della sindaca, Ignazio Baiano, è stato indagato in un’altra inchiesta per falso e violazione delle norme edilizie: si tratta del presunto abuso nella casa ereditata dai genitori, abuso oggetto del ricatto a Capuozzo da parte di De Robbio. Baiano è indagato per aver alterato, secondo l’ipotesi accusatoria, la data su alcuni documenti allo scopo di rientrare nel condono edilizio, il cui termine ultimo era 31 marzo 2003, per opere eseguite solo successivamente. Durante le perquisizioni ordinate dalla Dda nel filone dell’inchiesta che riguarda invece De Robbio, sono state ritrovate a casa del geometra Giulio Intemerato le fotografie aeree – con il timbro dell’Istituto geografico militare – di casa Baiano con la data del 23 giugno 2003. Si tratta delle immagini con cui i due avrebbero ricattato la sindaca.

Il 31 ottobre scorso un dossier anonimo era arrivato via posta ai consiglieri comunali con documenti relativi alla mansarda: «Mezz’ora dopo averlo ricevuto – racconta il vicesindaco, Andrea Perotti – Rosa Capuozzo è andata dai carabinieri a sporgere denuncia. Nel plico c’erano documenti dell’ufficio tecnico del comune, accessibili solo per chi ne abbia titolo. Come sono usciti e chi li ha fatti uscire?».
Il comune di Quarto è stato sciolto due volte per infiltrazioni camorristiche, sono stati oggetto di indagine anche alcuni dipendenti comunali, l’amministrazione (ora ex) 5 Stelle ad agosto aveva sostituito i capisettore: «Ci eravamo attenuti alla regola dei due mandati del Movimento, per evitare incrostazioni di potere» spiega Perotti. La sindaca Capuozzo, in particolare, si era recata in prefettura a visionare i rapporti dei commissari arrivati nel 2013, perché era preoccupata. Si legge nelle intercettazioni del 16 dicembre: «Sono andata dal prefetto, ho chiesto quella cazzo di accesso agli atti, perché non so chi è corrotto e chi non è corrotto».
I consiglieri comunali di maggioranza provano ora a restare al fianco di Rosa Capuozzo, nonostante l’espulsione annunciata dai vertici del Movimento. «Finora non ci è arrivata nessuna comunicazione – spiegava ieri il consigliere Giancarlo Carotenuto -. Vuol dire che guarderemo spesso le mail in arrivo. Il nostro impegno sul territorio continuerà in ogni caso». Anche se poi Carotenuto ammette: «Ogni giorno arrivano delle botte micidiali. Vengono fuori stralci di conversazioni che destabilizzano. Noi siamo persone prestate alla politica, impreparate a subire questo processo mediatico».

Ieri hanno dato le dimissioni l’assessore all’Urbanistica Tullio Ciarlone (avevano già lasciato i colleghi di Cultura e Bilancio), la consigliera Lucia Imperatore e, soprattutto, il capogruppo M5S Alessandro Nicolais, dopo la pubblicazione delle sue conversazioni al telefono. Lascia anche il consigliere di opposizione Luigi Rossi.

Inflessibile Roberto Fico, membro del direttorio: «Abbiamo tolto il simbolo del Movimento all’amministrazione, nei fatti a Quarto il Movimento 5 Stelle non c’è più. Per noi bisognava andare subito a elezioni. La soluzione è stata trovata in un lampo, mentre con Mafia capitale il Pd ha tenuto un anno sotto scacco la città». Circa la chat degli eletti in Campania, che proverebbe come i vertici del Movimento fossero a conoscenza della situazione di Quarto, Fico ribatte: «Può essere resa nota in qualsiasi momento. Se in quella chat avessero scritto qualcosa allora dovevano sapere tutti i parlamentari, tutti i consiglieri regionali e tutti gli eletti in Campania. Chiunque affermi che i 5 Stelle sapevano tutto, senza avere elementi, verrà querelato. Su Quarto si sta costruendo un castello di carta per diffamare me e Luigi Di Maio».

Grillo, intanto, prosegue la controffensiva dal suo blog, bersaglio il Pd, definito ieri «il partito preferito dalla camorra». Il riferimento è all’europarlamentare dem Nicola Caputo, indagato dalla Dda per presunti legami con il clan dei Casalesi, fazione Iovine, fin dalla sua elezione a consigliere regionale nel 2010. Secondo Grillo, i voti di Caputo sarebbero anche serviti «a Pina Picierno per garantirle una poltrona a Bruxelles». E ancora sul blog: «Il suo principale serbatoio elettorale è Villa di Briano, comune campano a guida Pd sciolto per mafia quest’estate nel silenzio generale. Quanti voti del Pd alle europee sono stati portati dalla camorra per arrivare al 41%? I voti della camorra sono serviti anche all’elezione di altri europarlamentari nella stessa circoscrizione? Perché Caputo non si è dimesso immediatamente?».

La replica è affidata a Giovanna Palma, deputata napoletana del Pd: «Premesso che per Nicola Caputo, come per ogni altro, vale il principio garantista della presunzione di innocenza, trovo farneticanti le dichiarazioni di Beppe Grillo che in maniera superficiale vorrebbe accostare la vicenda Caputo alle scelte dell’intero Pd campano».

Luigi Di Maio insiste: «Non accettiamo l’attacco diffamatorio del Pd, che nasce nei giorni successivi a un sondaggio di Piepoli secondo cui il sottoscritto aveva superato Matteo Renzi e il Movimento 5 Stelle stava per superare il Partito democratico».