Dopo il via libera del Parlamento allo scostamento di bilancio da otto miliardi di euro per finanziare le coperture in queste ore la maggioranza sta negoziando la quarta edizione in un mese del «decreto ristori». I tempi sono ristrettissimi: il provvedimento deve essere approvato dal Consiglio dei ministri entro il 30 novembre perché è finalizzato alla proroga di una serie di scadenze fiscali che riguardano il lavoro autonomo imprenditoriale e le partite Iva individuali: il secondo acconto Irpef, Ires e Irap in scadenza a fine mese; la proroga delle scadenze di dicembre legate all’Iva e ai contributi, la proroga dei versamenti della rata di dicembre della rottamazione ter e del saldo e stralcio.

Nella risoluzione di maggioranza sullo scostamento di bilancio (278 voti con i sì arrivati dal centrodestra, 4 astensioni, 4 contrari) è stata prospettata la modifica dei criteri usati per i «ristori» fino ad ora e si prospetta il superamento dei codici Ateco e delle restrizioni su base regionale, oltre all’ampliamento della moratoria fiscale. Nel testo si legge anche che è «necessario avviare un confronto per la definizione di un meccanismo organico di natura perequativa che vada oltre le aree di rischio pandemico e i codici Ateco e si basi sul rimborso di parte dei costi fissi, prevedendo la possibilità di attribuire i ristori anche ai lavoratori autonomi e ai liberi professionisti che non ne hanno beneficiato».

Si tratta, nello specifico, di tutte quelle partite Iva che lavorano nell’economia dei servizi e non sono necessariamente titolari di un negozio o di un ristorante che sono stati costretti a chiudere dai Dpcm per limitare la mobilità delle persone che fanno shopping o vanno a pranzo o a cena e dunque la diffusione del Covid.

Parliamo invece di persone che lavorano per le imprese o per il pubblico e, tradizionalmente, sono privi di tutele sociali anche perché sono stati sempre associati agli imprenditori mentre una buona parte sono lavoratori non tutelati con basso reddito.

I precedenti «decreti ristori» da 5,6 miliardi il primo, da 2,8 miliardi il secondo approvato come emendamento a cui è stato accorpato il terzo da 2 miliardi non avevano ancora percepito l’esistenza delle partite Iva iscritte agli ordini professionali o alla gestione separata dell’Inps, le stesse che avevano ricevuto i «bonus» trimestrali in gran parte esauriti a luglio. In maniera coerente con l’ormai consolidata logica dello stillicidio di aiuti temporanei, occasionali e a fondo perduto alle singole categorie il problema è riemerso anche grazie all’insistenza del centro-destra che considera questa platea un proprio punto di riferimento elettorale.

La conferma che il governo sta andando in questa direzione è arrivata dal ministro dell’Economia Roberto Gualtieri: «Le proposte avanzate da alcune forze di opposizione, in particolare da Forza Italia, per incrementare il sostegno a lavoratori autonomi, commercianti, artigiani, professionisti, sono da considerare favorevolmente, perché incrociano esigenze reali del Paese e riflettono anche la volontà politica espressa dalle forze della maggioranza e dal governo» ha detto. I Cinque Stelle delle commissioni Bilancio e Finanze di Montecitorio sostengono «il ristori quater dovrà mettere al centro le partite Iva e i contribuenti». Sempre dai pentastellati è giunta la richiesta di uniformare al 33% il tetto delle perdite da usare come parametro per le proroghe fiscali.
Si continua a parlare della creazione di un sistema di tutele sociali per le partite Iva. Negli ultimi nove mesi di pandemia è stato riproposta la questione. Dal Cnel è arrivata una proposta di riforma (Il Manifesto, 11 agosto), l’associazione dei freelance Acta ha depositato alla Camera una proposta il 28 ottobre c’è una commissione al ministero del Lavoro che ha lavorato anche in questa direzione.

Ieri il viceministro Misiani ha evocato un pacchetto di misure dal 2021: «Dobbiamo immaginare un meccanismo più generale di sostegno al mondo del lavoro autonomo, una forma di sostegno a un mondo che non ha cassa integrazione o altri strumenti di protezione sociale che tutelano il lavoro dipendente