Dando per scontata la liceità e la libertà di ogni operazione artistica, a volte questa può risultare talmente forte e radicale da sollevare qualche dubbio o delle incomprensioni. E anche il timore che intervenendo tanto violentemente su un testo che già di per sé costituiva un attacco radicale ai valori costituiti, si finisca per annacquare quell’assalto critico fin quasi a far neutralizzare a vicenda le due operazioni.

 

 

L’oggetto del desiderio in questione è Quartett, il testo con cui Heiner Müller metteva in scena a fine novecento un classico letterario del settecento, già in odore libertino della incombente Rivoluzione francese, Les liaisons dangereuses di Choderlos de Laclos. A Müller non deve esser stata estranea la conoscenza del marchese de Sade e delle sue Centoventi giornate di Sodoma così che questo Quartetto diabolico (tre i personaggi nel testo, e una quarta piissima viene solo evocata nella sua calorosa partecipazione erotica) discute con grazia sublime di anatomia e nefandezze, sebbene in polpe e crinoline, in un ordine mondiale sul punto di rovesciarsi, mentre, al tempo della scrittura, anche il mastino integralista sovietico sta per scomparire.

 

 

Un testo filosofico e ammonitore, visionario quanto spietato: come del resto quasi tutti quelli del geniale delfino «ripudiato» di Bertolt Brecht. Ora al Fabbrichino di Prato (ancora oggi e domenica), di Quartett appare una versione che vede in veste di solo regista Roberto Latini, e sulla scena altalenante di Luca Baldini due soli interpreti, Valentina Banci e Fulvio Cauteruccio, che dicono anche la parte della giovane Volange, oltre a quelle di Merteuil e Valmont. Più che dirla gridano (soprattutto lei, lui più pensoso) scambiandosi anche i ruoli e le parole.

 

 

Vestiti entrambi da supereroi dei fumetti, sembrano prospettare nel nostro futuro presente i rapporti politici di quel libertinaggio sfrenato. Ma quel vortice verbale, fuori della cornice settecentesca, può assumere inquietanti assonanze con siti porno e tv notturne, piuttosto che suscitare scandalo. Nonostante la musicalità degli accordi forni da Gianluca Misiti, sulla bella traduzione di Saverio Vertone.