Con quasi mezzo milione di israeliani che finora hanno ricevuto un’altra dose di vaccino, la quarta in un anno, ora anche nello Stato ebraico ci si interroga sull’utilità del nuovo booster approvato il mese scorso dal governo. Si attendeva l’annuncio dell’estensione a tutta la popolazione della somministrazione, prevista al momento solo per gli over 60 e gli immunodepressi. Ma c’è stata una frenata dopo le forti perplessità espresse dall’Oms e dall’Agenzia europea dei medicinali (Ema) sul nuovo richiamo per milioni di persone con vaccini tarati sul virus di Wuhan. «Non possiamo procedere con il booster ogni 3-4 mesi – ha spiegato la settimana scorsa Marco Cavaleri, numero uno della strategia vaccinale dell’Ema – mancano ancora dati sulla quarta dose, preoccupa una strategia che prevede di andare avanti con vaccinazioni a distanza di così poco tempo…e c’è il rischio di affaticare la popolazione con la continua somministrazione di booster». Analoga la posizione espressa dall’Oms che ribadisce l’importanza di rendere i vaccini più accessibili ai paesi poveri.

Ma in Israele ha avuto un peso soprattutto il parere di esperti e scienziati statunitensi che prefigurano il rischio di fiaccare il sistema immunitario e ritengono che lasciare un intervallo di tempo maggiore tra le dosi di vaccino potrebbe rafforzare le difese naturali. «Abbiamo beneficiato dei vaccini perché si sono dimostrati molto efficaci e hanno funzionato secondo le necessità all’inizio…Ma non è giusto tenere al livello massimo di anticorpi il sistema immunitario perché non deve essere in quella condizione», ha detto al giornale Haaretz il professor Oren Kobiler, virologo dell’Università di Tel Aviv. Kobiler ha parlato di un modello «formaggio svizzero», ossia di misure diverse da adottare per fermare il contagio e le sue conseguenze che vadano oltre i richiami. «Ogni strato di protezione ha dei buchi – ha spiegato – ma quando si appoggiano tutte le fette di formaggio l’una sopra una l’altra, la luce – o in questo caso il virus – non riesce a passare». Una linea che con il passare dei giorni trova nuove adesioni ma che si scontra con l’opinione di altri esperti.

A tenere aperto il dibattito sulla necessità e l’efficacia della quarta dose saranno senza dubbio i dati comunicati ieri sera dal Centro medico Sheba, il più importante di Israele per lo studio del virus e dei vaccini. Il professor Regev-Yochay ha riferito che i risultati dei test su 270 volontari rivelano che il nuovo boost se da un lato aumenta in modo significativo gli anticorpi nell’organismo evitando le forme gravi di Covid, dall’altro protegge solo in parte dal contagio.