Il 2 novembre di 44 anni fa, il corpo di Pasolini fu trovato non lontano da una porta di calcio. L’ultimo tratto di spiaggia del lido di Ostia, era stato trasformato dai ragazzi in un campo di calcio. Un pallone dietro al quale correre a perdifiato, consentiva a Pier Paolo Pasolini di tornare bambino, era capace di giocare per ore senza stancarsi, e nelle borgate romane spesso si fermava a giocare con i ragazzi. Quelle partitelle gli consentirono di descrivere a fondo gli ambienti e i protagonisti di Ragazzi di vita. Il poeta di Casarsa diceva che dopo la letteratura e l’eros, il calcio era uno dei piaceri della vita. Era tifoso del Bologna, insieme a Paolo Volponi, i due spesso si ritrovavano allo stadio e non mancavano di lanciare invettive calcistiche all’amico poeta interista Vittorio Sereni, che aveva casa a San Siro, in occasione di qualche partita tra le due squadre: « Caro Sereni, intanto ti avverto che domenica il mio cuore è a Milano, insieme a quello grassoccio di Volponi, tutti e due a palpitare sull’orlo di una trombosi. E mi dispiace che la gioia nostra sarà la tua disfatta».

CALZINI MULTICOLORE
La disfatta calcistica, cui andò incontro Pasolini, fu quella del 16 marzo del 1975 e non fu dovuta a una pessima prestazione del suo Bologna, il cui giocatore idolo per Pasolini era il centrocampista Amedeo Biavati, ma a quella della sua troupe cinematografica impegnata a Roncoferrara, nel mantovano, nelle riprese del film Salò e le 120 giornate di Sodoma. Ad alcune decine di chilometri Bernardo Bertolucci girava Novecento. La sfida tra le troupe dei due registi fu lanciata dopo qualche breve telefonata, le macchine da presa si fermarono e il ritrovo per la partita fu fissato una domenica mattina, il 16 marzo 1975, alle 9 al prato della Cittadella a Parma, a quell’ora, stabilirono i due registi, non ci sarebbero stati curiosi. La partita era stata concordata alcuni giorni prima nei minimi dettagli, comprese le divise, del Bologna quella di Pasolini, viola copiativo con la scritta obliqua 900 in giallo, quella di Bertolucci, che aveva affidato il compito alla costumista di Novecento Gitte Magrini, la quale con un pizzico di malizia scelse i calzettoni a strisce multicolore con effetto caleidoscopico per confondere gli avversari quando vi era il gioco di gambe con il pallone. Protagonisti di quella partita storica, che si svolse sul campo della Cittadella all’insaputa dei più, furono le figure che non compaiono mai sulla scena, gli elettricisti, i microfonisti, gli addetti alle luci, e quel giorno Pier Paolo Pasolini cedette la fascia di capitano al montatore Ugo De Rossi. La partita fu battezzata da quelli delle rispettive troupe come l’incontro di calcio tra i «capelloni» di Pasolini contro i «ragazzi di strada» di Novecento.

ARBITRI DI PARTE
La direzione di gara fu affidata per il primo tempo all’arbitro della troupe di Pasolini e per il secondo a uno della squadra di Bertolucci. Il regista parmigiano, che quel giorno compiva 34 anni, restò a bordo campo come allenatore, mentre il poeta di Casarsa scese in mezzo all’arena. Nelle file del Bologna-Sodoma, giocava l’attore Umberto Chessari, che aveva militato nelle giovanili della Lazio, la sua visione di gioco pesò non poco su un risultato parziale che vedeva già nei primi minuti di gioco in vantaggio la squadra di 2-0.

Appagata dai due gol iniziali, i bolognesi di Pasolini abbassarono la guardia e l’impegno agonistico calò d’improvviso, mandando su tutte le furie il regista, che stizzito, abbandonò il campo, complice i continui calci negli stinch i subiti da Barone, montatore di Novecento. Pasolini non amava perdere mai a calcio, voleva vincere anche nel 2 contro 2, dicevano i tecnici di più lunga durata che avevano collaborato con lui. Tecnicamente era uno «bravo» sostenevano gli intenditori più raffinati della sua troupe, a volte il poeta di Casarsa giocava all’ala destra, altre volte all’ala sinistra, ma il giudizio unanime era che correva sempre.

DOM PERIGNON
La squadra di Bertolucci non solo contava sull’effetto psichedelico dei calzettoni variopinti per confondere i giocatori di Salò e le120 giornate, ma soprattutto su un paio o forse più di giocatori presi in prestito sottobanco dalle giovanili del Parma, tra i quali sembra figurare un appena quindicenne Carlo Ancelotti. L’uscita di Pasolini dal campo di gioco, provocò un ribaltamento del risultato, complice anche due rigori inesistenti concessi dall’arbitro di parte Novecento cui era stato affidata la direzione di gara del secondo tempo, secondo le immancabili polemiche seguite nel dopopartita.
Il match si concluse con un sonoro 5 a 2 a favore di Bertolucci, che dopo aver alzato la coppa al cielo la fece la riempire di Dom Perignon, polemicamente rifiutato dai pasoliniani, che invece cedettero alla fetta di torta servita in mezzo al campo.

Quella partita fu immortalata da un super8 della vedova di Bernardo Bertolucci, Clare Peploe, ora diventato un importante docufilm di 50’ Centoventi contro Novecento (Artemidefilm) i cui spezzoni sono stati montati dal regista Alessandro Scillitani e dallo sceneggiatore Alessandro Di Nuzzo che dichiara: «Il film tocca diversi argomenti, l’atmosfera dei set di quei due grandi film del cinema italiano, il rapporto contrastato tra Pasolini e il suo ex allievo Bertolucci.

POMERIGGI DI PALLONE
Su tutto aleggia, come un filo rosso, il rapporto fra Pier Paolo Pasolini e il calcio: passione inesauribile, pratica continua e quasi ossessiva, espressione di pura vitalità, addirittura di una felicità possibile».
D’altronde Pasolini fu uno dei pochi intellettuali di sinistra che non fece mai mistero della sua passione per il calcio visto allo stadio, il Dallara di Bologna era il suo luogo preferito, e ancor più quello giocato: « I pomeriggi che ho passato a giocare a pallone sono stati indubbiamente i più belli della mia vita». Forse anche quel 2 novembre del 1975, Pier Paolo Pasolini avrebbe giocato volentieri a pallone sul lido di Ostia, se una mano assassina non l’avesse brutalmente ammazzato.