«Questa promettente Società testé formatasi… della quale fanno parte spiccate personalità americane e della nostra industria e la cui direzione venne affidata al notissimo cavaliere Arturo Gandolfi, già amministratore della Società Ambrosio, ha dato inizio ai lavori di costruzione del proprio stabilimento, che sorgerà a Grugliasco… Il teatro occuperà nientemeno che diecimila metri quadrati e sarà munito di tutti i perfezionamenti oggi richiesti dall’enorme progresso della tecnica». È un coro giornalistico entusiasta quello che nel gennaio del 1914 accompagna la nascita della Photodrama intorno alla settecentesca Villa Boriglione. Se l’investimento deciso da George Kleine e dai suoi soci per la costruzione del complesso fu senza dubbio titanico, sorprendono anche i numeri che riguardavano l’assunzione di personale. Popolavano gli spazi degli stabilimenti centotrentacinque lavoratori: tredici falegnami e altrettanti addetti a vari servizi, nove scenografi, quattro elettricisti e macchinisti, due pittori di scene, tre tappezzieri e falegnami per mobili, tre sarte, quarantadue fra attori e attrici, quattro registi, tre operatori e aiuto operatori, quattro autisti, tre magazzinieri, tre giardinieri, dodici impiegati amministrativi. Seguivano un operaio specializzato, un fotografo, due meccanici, un fabbro, due pittori generici, due addetti alle manovre. Questa impressionante macchina, pur in mezzo alle difficoltà di cui si è raccontato, realizzò, dal 1914 al 1923, ventitré lungometraggi. Diciotto portano la firma della Photodrama.

La Du Barry fu il solo girato nel 1914; quattro furono portati a termine nel 1920, dieci nel 1921 (l’anno più prolifico, sotto l’egida dell’UCI), uno nel 1922 e due nel 1923. Quando Arturo Gandolfi cercò di salvare il salvabile affittando gli stabilimenti a terzi, la Phoenix, nel 1916, portò a casa quattro film, e cinque anni dopo la Itala affidò a Romano Luigi Borgnetto la regia di Maciste in vacanza, 1921. Proprio questo film è stato oggetto di una recente scoperta, frutto della collaborazione tra il Museo Nazionale del Cinema e l’associazione Cojtà Grugliaschiesa, organizzatrice della mostra dedicata alla Photodrama, di cui si dà conto in altra parte di queste pagine. Visionando la pellicola di Maciste, restaurata dalla Cineteca di Bologna, si vedono comparire chiaramente alcuni scorci della Grugliasco dell’epoca e il viale alberato del parco, oggi scomparso. Altro dettaglio curioso: il gigante scorrazza a bordo di una quattroruote della Diatto, da lui ribattezzata Diattolina. La Diatto, azienda metalmeccanica torinese fondata nel 1835, produsse automobili dal 1905 al 1932.

Con le versioni sportive portò sul podio, tra gli altri, Nuvolari, Schieppati, Maserati. In una scena, Maciste solleva la Diattolina con la leggerezza di una piuma. Il trucco c’è ma non si vede: all’auto, infatti, è stato tolto il motore. L’attore protagonista, Bartolomeo Pagano, dopo Cabiria di Giovanni Pastrone, 1914, indossò per ventun volte i panni cinematografici di Maciste. Mario Camerini lo diresse in Maciste contro lo sceicco, 1926. La storia, a dir poco surreale, segue il popolare eroe mentre prova a concedersi una vacanza. Nulla da fare, i suoi ammiratori lo cercano, lo fermano, lo assillano, gli chiedono consigli. Un castello abbandonato sembra essere il posto giusto per sfuggire all’assedio, ma la presenza nei sotterranei di un’americana ipercinetica, la brava diva del muto Henriette Bonnard, sarà foriera di nuove avventure e di trappole matrimoniali.

Girato a Torino e Grugliasco, La Du Barry, esordio della Photodrama, venne coprodotto con l’Anonima Ambrosio e diretto da Edoardo Bencivenga. Il cast internazionale era composto da Leslie Carter, celebrità teatrale statunitense, nel ruolo di Madame Du Barry; Hamilton Revelle (pseudonimo, e si capisce perché, dell’inglese Arthur Louis Hamilton Engstrom) che interpretava de Cossé Brissac, Richard Thornton come Luigi XV.

Il dramma, tratto da un’opera dell’italoamericano David Belasco, è incentrato sull’amore galeotto tra il re e Madame. La Du Barry uscì negli States il giorno di Natale del 1914. Tutti italiani i volti de I tre sentimentali, 1921, di Augusto Genina, dove Lydia Quaranta, costosissima star nostrana, dà prova delle sue capacità recitative accanto Ruggero Capodaglio, Angelo Ferrari e Carlo Tedeschi. Sono loro i tre sentimentali che sommergono di lettere l’attrice di teatro Soave Santelmi, dopo la sua fugace apparizione in paese per recitare La signora delle Camelie. Soave ritorna, in cerca di un castello da acquistare. E allora il terzetto decide di dichiararsi, affidando il compito al telegrafista Vincenti. Complice una tempesta di neve, Vincenti trascorrerà una notte di passione, che mai racconterà agli altri due. Nel 1920, il francese Andrè Deed girò alla Photodrama Il documento umano. Se nulla vi dice il nome, sappiate che Deed fu l’inventore del celeberrimo personaggio di Cretinetti, che prima interpretò e poi diresse in oltre cento film, tra il 1909 e il 1916.