L’analisi genetica ha permesso di ricostruire con una certa precisione le tappe storiche dello sviluppo dell’agricoltura presso le formiche che si nutrono dei funghi coltivati nelle loro colonie. È il risultato di uno studio pubblicato dalla rivista scientifica inglese Proceedings of the Royal Society B e realizzato da un gruppo di biologi di varie università statunitensi diretti da Ted Shultz della Smithsonian Institution di Washington.

COME L’UOMO, anche le formiche hanno conosciuto migrazioni, mutamenti climatici e innovazioni tecnologiche. Le prime forme di agricoltura nei formicai risalgono a cinquanta milioni di anni fa, ma l’evoluzione è proseguita fino a raggiungere, venti milioni di anni fa, le sofisticate tecniche agricole delle formiche «tagliafoglie». Una volta addomesticati i funghi di cui si nutrono, le «tagliafoglie» hanno anche imparato a concimarli per aumentarne la produttività.

Le tappe di questa evoluzione sono state ricostruite grazie all’analisi della sequenza genetica un centinaio di specie di formiche del genere Atta. Ipotizzando che le mutazioni possano dar vita a nuove specie, si può ricostruire l’albero genealogico delle specie presenti in un dato momento storico. Poiché specie geneticamente simili condividono anche la stessa organizzazione sociale, dall’evoluzione storica dei vari sottogruppi di formiche Atta si può risalire pure alla successione delle innovazioni in campo agricolo.

SI SCOPRE COSÌ che le formiche Atta si sono sviluppate all’epoca della grande estinzione dei dinosauri (circasessantasei milioni di anni fa), quando l’impatto con un asteroide del diametro di venti chilometri provocò un drammatico mutamento climatico. Il lungo inverno che ne seguì favorì gli organismi sopravvissuti che si nutrivano di funghi e, successivamente, gli insetti dovettero adattarsi a vivere in climi più secchi. Impararono così a conservare nelle loro colonie il clima umido necessario alla sopravvivenza di particolari specie di funghi. Che, a loro volta, persero la capacità di sopravvivere nell’ambiente «selvatico», cioè fuori dal formicaio.
L’analogia con la storia umana potrebbe suggerire che la storia si ridurrà presto a una branca della genetica. È ciò che paventano, tra gli altri, David Armitage e Jo Guldi nel saggio Il ruolo del passato nel mondo d’oggi (recensito da Michele Dantini il 31 marzo su questo giornale).

La tendenza è confermata da ricerche come quella pubblicata nell’ultimo numero della rivista Antiquity da un gruppo di antropologi guidati da Kristian Kristiansen (università di Goteborg) e Eske Willerslev (università di Copenhagen).
Grazie all’analisi genetica, gli studiosi scandinavi hanno dimostrato che l’affermazione della cultura della «ceramica cordata», dominante nel centro-europa nel quarto millennio a.C., fu dovuta alla migrazione delle popolazioni nomadi delle steppe orientali.
Le malattie, cui i nuovi arrivati erano ormai immunizzati, provocarono prima un declino demografico e poi lo sviluppo di una nuova organizzazione socio-cuturale. Importanti istituzioni tuttora in vigore, come la famiglia monogama e la proprietà privata su terre e animali, si originarono proprio in quella fase. Una storia analoga a quella accaduta cinquemila anni dopo agli indios sudamericani.
Occorre però sottolineare alcune differenze tra formiche e umani. Homo sapiens ha mutato radicalmente organizzazione sociale e tecnologie senza dar vita a nuove specie. I gruppi di cacciatori-raccoglitori di centomila anni fa avevano abitudini ben diverse dalle nostre, ma il loro Dna era sostanzialmente identico al nostro, se paragonato alla biodiversità osservata tra le formiche. Nello studio storico-sociale delle formiche, infatti, le innovazioni tecnologiche corrispondono a «salti» evolutivi rilevanti, come la nascita di nuove specie.

ANCHE NELLA STORIA di Homo sapiens gruppi geneticamente omogenei (e addirittura altre specie Homo) si sono alternati e ibridati: armi, acciaio e malattie, che secondo l’antropologo Jared Diamond guidano l’evoluzione recente dell’uomo, lasciano molte tracce nel nostro Dna. Ma l’impatto dell’evoluzione biologica nella storia delle formiche appare decisamente maggiore che in quella dell’uomo. Di bravi storici, magari con qualche conoscenza scientifica in più, avremo dunque ancora bisogno.