La vita può dare pugni in faccia, l’importante è allenare la guardia, ce lo insegna la boxe. Fabio Caramaschi ha cominciato a insegnare a riflettere, esercitare la creatività e l’immaginazione ai bambini delle elementari dove teneva il corso di audiovisivo e con la videocamera mostrava come realizzare le meraviglie dell’animazione muovendo i pupazzi di pongo. Tra gli alunni c’era il vispo Ricci Mirco che l’anno successivo sarebbe andato in prima media.

Già si organizzava, pensando che i più grandi lo avrebbero «menato» e lui avrebbe risposto con pietre. bastoni, bottiglie rotte («meglio le bottiglie»). Meglio ancora il ring dove trovare poi un altro maestro e allenarsi a diventare un campione.Pugni in faccia il documentario di Fabio Caramaschi presentato in anteprima al Biographilm festival di Bologna è una biografia dura come può essere il destino, ancora impastata di risvolti fanciulleschi come di abissi insospettati.Il regista maneggia con cura e rispetto il materiale da lui girato a scuola quando Ricci era un bambino pieno di curiosità e lo segue poi nel corso della sua carriera sportiva tanto promettente da arrivare a vincere i campionati italiani e poi europei dei medio massimi e il prestigioso titolo di campione intercontinentale della World Boxing Association.

È infatti durissimo il percorso del mantenimento del titolo, lungo una strada piena di insidie. Non è tanto facile essere Rocky Balboa (e c’è anche un rivale di nome Demchenko) quando si è cresciuti nella periferia romana e i tuoi coetanei scompaiono un po’ alla volta chi preda della droga, chi sparato, chi in galera, come fosse un copione già scritto. La palestra come scuola di vita, la boxe come unica soluzione per incanalare aggressività, rabbia e rivalsa, alle volte non basta per trasmettere disciplina e fair play.Vediamo l’eroe cinematografico Mirco Ricci seguito per anni verso un futuro ancora da delineare, né il regista può intervenire quando qualcosa non va come dovrebbe per cambiare il copione secondo le regole di sceneggiature già ben consolidate.

Può solo registrare come quelle regole vengano disattese nella vita reale, come le falle del carattere non si possano colmare con gli incoraggiamenti, né tagliare al montaggio eccessi alcolici e risse. Eppure il pugile lo vede sempre come il suo caro maestro che gli insegnava a muovere il pongo con cui può fare «discorsi sulla vita».Ma ecco che ancora una volta il campione, The Predator come viene chiamato, fuori scena, si rialza, salvato dal rischio di una pesante condanna, per poi cadere ancora e rialzarsi.