Ci sono delle volte in cui la musica vuole a tutti i costi diventare teatro. Rinunciare alla sua meravigliosa autonomia, alla sua preziosa astrattezza, e sposare la rappresentazione. Non pensa di avere un corpo in quanto insieme di suoni e cerca un corpo nelle movenze, nei racconti (anche surreali), insomma nel teatro. Ne nascono prodotti artistici curiosi. Come quelli del Fast Forward Festival, rassegna di musica teatrale già storica per Roma.

Al Teatro Nazionale chiusura il 7 giugno (replica il 9) con Proserpina di Wolfgang Rihm. Melodramma convenzionale? Sì. Musica penitenziale? Sì. Partitura e regia tutto un cliché? Sì. Una serata di gala per niente. Ma nello stesso luogo un coreografo notevolissimo, il rumeno-francese Angelin Preljocaj, ha presentato (30 maggio) uno spettacolo che si può ben definire sensazionale. Una continua mutazione per un’ora e 45 minuti di movimenti, di passi, di combinazioni dei corpi di quattro danzatori. Erano le tre parti, non separate, di una sorta di work in progress intitolato Empty moves che Preljocaj sta elaborando sullo spunto del famoso (mitologico) concerto di John Cage al Teatro Lirico di Milano il 2 dicembre 1977. Si sente la registrazione di quella tumultuosa serata, Cage che legge, «monotono» ma in modo musicalissimo, pagine da lui rese solo fonemi del Diario di Thoreau, il pubblico che in parte lo sostiene e in parte lo contesta e tenta di interromperlo. Peccato che una voglia di astrazione, visibile nell’ideazione di Preljocaj, si perda un po’ verso la fine.

Tra i mirabili si è visto Blank Out di Michel van der Aa, compositore olandese quarantaseienne (Auditorium). Una donna è in scena (Miah Persson, soprano), capiremo dopo che è un’ombra, un’immagine di una donna morta. Canta, si sdoppia e triplica in un video a tutto schermo (in 3D) e le polifonie tra quelle due e tre linee musicali diverse della stessa voce sono improntate a un lirismo asciutto, e sono splendidamente costruite da un van der Aa che ha superato il suo post-minimalismo di un tempo. In video appare un uomo (Roderick Williams, baritono), capiamo che è il figlio della donna-ombra in scena, con lei dà vita a un intreccio di melodie fascinose/severe. Opera di somma eleganza sonora e visiva.Ars Ludi (Villa Medici), l’affermatissimo trio di percussionisti (Antonio Caggiano, Rodolfo Rossi, Gianluca Ruggeri), si è misurato con quattro testi non tutti entusiasmanti. L’affanno di inscenare operazioni rumoristiche e gestuali ha tradito Lucia Ronchetti di Helicopters and Butterflies per un solo percussionista, nell’occasione Caggiano, a disagio nel ruolo di attore di teatro dell’assurdo.

Un tipo di teatro – musicale, magnificamente musicale – nel quale Mauricio Kagel è sempre stato un re. Godimento assoluto col suo classico RRRRRR… per due percussionisti. E ancora tanta ammirazione per I funerali dell’anarchico Serantini di Francesco Filidei nella versione per tre percussionisti, grande esempio di gestualità e sonorità concettuale/passionale/viscerale. Noia per Fads and Fancies in the Academy (1940) di John Cage, dove ci si sveglia solo per un intermezzo pianistico amabile (si è aggiunto al trio l’ottimo Giancarlo Simonacci).

Un po’ di delusione si è provata allo show di Jean-Pierre Drouet (Teatro India). Ha suonato-recitato al risparmio lavori percussionistici di Kagel, Globokar, Rzewsky, Alafrez, Aperghis e ha messo troppa clownerie nel trattare Il libro celibe di Giorgio Battistelli, capolavoro di raffinatezza sonora. Niente scenicità al concerto del pianista Francesco Prode (Teatro di Villa Torlonia). I cinque movimenti di Miroirs di Ravel erano intercalati liberamente con brani di cinque compositori italiani di oggi: Alessandro Solbiati, Martino Traversa, Giorgio Colombo Taccani, Riccardo Panfili, Vittorio Montalti. Scritti appositamente per confrontarsi con Ravel. Solo due, Solbiati e Montalti, si sono ricordati che era importante anche confrontarsi col concetto di «contemporaneo» senza farsi assimilare, per fascinazione, dall’immenso francese. Ma col virtuosismo, la chiarezza espositiva, la flessuosità interpretativa di Prode, siamo andati in orbita.