Ricercatrice in filosofia politica all’Università Bicocca di Milano, Giorgia Serughetti è tra le firmatarie dell’appello delle femministe a sostegno del disegno di legge Zan (si veda l’articolo qui). Si occupa da anni di violenza di genere e prostituzione, il suo ultimo lavoro è Democratizzare la cura/ Curare la democrazia, una riflessione a partire dalla pandemia.

Serughetti, una parte del mondo femminista sostiene che sia improprio che la stessa legge affronti l’odio verso le donne, oltre la metà della società, e l’odio verso le minoranze lgbtq. Perché invece secondo lei è opportuno?
Se fosse una legge di altro tipo potrei condividere questa critica, ma in questo caso parliamo di motivi a cui si legano l’istigazione all’odio e la violenza: sesso, genere, orientamento sessuale e identità di genere. La proposta Zan allinea una serie di motivi su cui si basano forme di violenza e discriminazione che si possono tranquillamente tenere nello stesso contenitore perché hanno in larga parte una matrice comune.

Qual è?
L’ostilità che si scatena nei confronti della manifestazione di stili di vita che non sono accettabili all’interno di uno schema gerarchico dei generi e delle sessualità. La misoginia è alla base dell’odio nei confronti degli uomini gay in quanto femminilizzati, così come delle persone trans che hanno varcato i confini fra i generi. E vorrei che fosse chiaro che non si tratta solo di interpretazioni teoriche, esistono preoccupanti fenomeni in crescita come quello di gruppi di uomini organizzati per fomentare la misoginia: i cosiddetti men’s rights activists. Anche a questo la legge si propone di rispondere.

Se la proposta di legge non contemplasse la misoginia, insomma, resterebbe un vuoto nel nostro ordinamento.
Sì, e non se ne capirebbe il motivo.

L’altra critica è sull’espressione «identità di genere» alla quale sarebbe da preferire «identità transessuale». Alcune femministe sostengono che «identità di genere» apra al rischio di una colonizzazione del mondo delle donne da parte degli uomini che vogliono essere considerati donne.
È una posizione infondata, perché nasce da una proiezione fantasmatica di cose che accadono altrove. Se in alcuni Paesi c’è la percezione di diritti delle donne messi a rischio dall’intromissione di altri soggetti, in Italia di tutto ciò non c’è neanche l’ombra. Spazi di privilegi delle donne che siano terreno di conquista da parte delle persone trans io proprio non ne vedo. In ogni caso, io contesto la logica di questo atteggiamento difensivo: anche se questi spazi che le donne nate donne devono difendere dalla conquista altrui esistessero, io sarei favorevole ad aprirli alle donne trans.

Quindi non c’è il rischio di cancellare le differenze con il disegno di legge Zan.
Le femministe con cui siamo in disaccordo vedono nel riconoscimento del genere separato dal sesso attribuito alla nascita una deriva verso l’autodeterminazione del genere che prescinde dal corpo, dai vincoli della biologia, aprendo quindi la porta a pratiche come la gestazione per altri (gpa, ndr). Questo nesso fra il riconoscimento dell’identità di genere e la gpa proprio non lo vedo. Ma a prescindere dal tema della gpa, il dibattito su quale sia il perimetro del femminismo è aperto ed è bene che sia tale. Detto in breve, bisogna capire se liberare il sesso dai generi o i generi dal sesso: valorizzare il sesso femminile attribuito alla nascita o promuovere una fluidità delle appartenenze mettendo in secondo piano la dimensione biologica. Sono modi diversi di pensare la libertà che non vanno banalizzati, ma non c’entrano con la legge in discussione, che non riguarda come i soggetti si autodefiniscono, ma come gli altri, i violenti, definiscono i soggetti vittime di odio.

Forse l’unico vero rischio è che la norma non sia approvata.
Sì, e temo che la posizione massimalista di quelle femministe che legano gpa, prostituzione e identità di genere come un organico attacco all’inviolabilità del corpo delle donne aumenti questo rischio. Lo stesso pericolo che fu corso quando si discuteva la stepchild adoption nella legge sulle unioni civili e alcune iniziarono la battaglia contro la gpa, mettendo oggettivamente a repentaglio l’approvazione di quella legge.