L’autodromo di Monza comprende due piste distinte: il circuito stradale, funzionante, su cui si disputano gran premi di Formula 1 e altre gare; il catino dell’alta velocità, ricostruito e consegnato nel 1955, che oggi giace in stato di progressivo degrado. Il termine “Monzanapolis” era stato coniato per trasmettere con immediatezza il senso della corsa e della velocità, la cui massima celebrazione avveniva sulle piste pure (dei catini ovali) di Monza e di Indianapolis. I due circuiti-templi dello sport automobilistico, in Europa e in America, avevano raggiunto una sintesi nella “Corsa dei Due mondi”, meglio nota come “500 Miglia di Monza” poiché si svolgeva nell’autodromo lombardo. Nella seconda metà degli anni ’50 le scocche dalle forme tondeggianti dei bolidi di Indianapolis, che correvano soltanto sui circuiti degli States, varcarono l’Atlantico per confrontarsi con le più affusolate monoposto europee di Formula 1. Ma, soprattutto, piloti e macchine venivano da oltreoceano per sperimentare l’ovale perfetto delimitato dalle curve in verticale delle Sopraelevate che facevano di Monza la pista più veloce del mondo.

Sono passati 55 anni da quella fantastica corsa; sull’ovale dell’alta velocità si sono disputati gran premi fino al 1961 e gare di categoria Sport-Gran turismo fino al 1969. Poi, è calato il sipario. Salvo qualche manifestazione rievocativa e alcuni Rally di Monza nella parte bassa delle curve. Il lento abbandono da parte delle istituzioni sportive ha lasciato campo libero alle associazioni ambientaliste per invocarne la demolizione al fine di recuperare spazi di verde che non bastano mai. L’autodromo, come è noto, si trova nell’ex parco reale. La Sias (società incremento automobilismo e sport), una controllata dell’Automobil club di Milano, gestisce l’autodromo nazionale di Monza coordinandone le attività agonistiche, fra cui il gran premio d’Italia, e le sponsorizzazioni. Ha una convenzione ventennale rinnovata con il comune di Monza per la concessione dell’autodromo, il cui ovale dovrà venire recuperato.

A Monza, presso l’ente Provincia, Andrea Monti è assessore allo sport e all’autodromo; in più è uno sportivo: pratica l’automobilismo agonistico in competizioni rallistiche sulla stessa pista monzese. A quando l’intervento di recupero delle storiche Sopraelevate? “Così come previsto dalla convenzione, la Sias ha l’obbligo di attuare un restauro conservativo delle curve sopraelevate entro il giugno 2014 – dice Monti -. Ad oggi non sono ancora del tutto noti i dettagli del progetto e qualche perplessità sulla possibilità di arrivare pronti alla scadenza a questo punto comincia a farsi più che concreta. Intanto, l’autodromo deve aprirsi all’esterno. Servono degli investitori che rinnovino le strutture dell’impianto e lo facciano tornare a essere il punto di riferimento fra i circuiti del circus della Formula 1”.

La città di Monza è stata designata come luogo di rappresentanza per l’Expo 2015 e il recupero dei curvoni rialzati rientrerebbe anche nell’ambito di questo importante appuntamento. Nonostante siano tutelate dalla soprintendenza come rara testimonianza di architettura industriale per quanto concerne i circuiti sportivi, le Sopraelevate sono prese di mira dagli ambientalisti: oltre che a togliere spazio al verde, il loro ingombro preclude la visuale a una porzione del parco. Gli autodromisti invece, sul fronte opposto, hanno promosso negli anni delle petizioni per salvaguardarle. In una di queste, qualche anno fa, comparvero le firme di piloti dell’epoca recente come Alessandro Zanardi e di campioni come Stirling Moss e Phil Hill con un passato ricco di imprese e di allori oltre a essere stati plurivincitori a Monza. “La posizione degli ambientalisti è dettata da un pregiudizio ideologico – osserva l’assessore Monti – che vede contrario un certo mondo ai motori in generale e da sempre all’impianto monzese. La riprova sta nel fatto che si combatte con vigore per abbattere un monumento storico come le Sopraelevate, sostenendo che queste occluderebbero un cannocchiale ottico; mentre in questi stessi anni, senza che si siano elevate eccessive proteste, a poche centinaia di metri dal Parco un brutto e moderno palazzo ha occluso addirittura il cannocchiale visivo della Villa reale. A qualcuno verrebbe in mente di abbattere il Colosseo perché impatta il panorama di Roma o perché è rovinato in alcune sue parti?”.

Ma se recuperate, le Sopraelevate dell’autodromo sarebbero solo un monumento rimesso a nuovo e lasciate che il tempo le deteriori ancora oppure diverrebbero un ambito agibile per competizioni sportive? “Il circuito dell’alta velocità e le due curve sopraelevate – continua con trasporto Monti, parlando di piste – conservano tutto il loro straordinario fascino, testimonianza di una struttura ingegneristica audace e quasi unica nella storia dell’automobilismo. In una parte delle Sopraelevate, una volta recuperate, andrebbe realizzato il museo delle automobili da competizione, le tante che hanno solcato dal 1922 a oggi il glorioso circuito brianzolo. Un’altra parte del circuito veloce andrebbe resa visitabile e fruibile dai turisti, magari facendo provare loro l’emozione di percorrere queste strane curve che si alzano in verticale”. Sono due curve semicircolari con un’inclinazione massima dell’80%, mai progettata per una pista da corsa. In macchina, quando si gareggiava, era come se si corresse sul fianco di un muro inclinato a velocità elevatissime: una marcia costante di circa 300 km/h che non richiedeva l’uso del cambio né dei freni.

Fra le corse disputate sulla pista dell’alta velocità, la 500 Miglia di Monza è stata la più suggestiva e la più fugace. Soltanto due edizioni, 1957 e 1958, in cui gli organizzatori, l’Aci di Milano e l’Usac (United States auto club) in collaborazione con l’Indianapolis speedway corporation, si erano incontrati per cullare l’idea di unificare le due principali formule da corsa: la “Indy” americana e la “F.1” europea. Intanto, il “Trofeo dei Due mondi” veniva abbinato sia alla 500 Miglia di Monza sia alla 500 Miglia di Indianapolis. Nell’ovale monzese, a differenza delle gare del campionato di F.1, si correva in senso antiorario, come a Indianapolis. Le monoposte di formula Usac erano progettate per gareggiare solo su piste ovali e curve sopraelevate che consentivano velocità straordinarie: le medie orarie dell’ovale monzese superavano quelle che si registravano sul catino statunitense. La corsa di Monza era articolata in tre manches che se le aggiudicava il pilota con la media oraria più alta.

Nella prima edizione, 23 giugno ’57, sbarcarono a Genova una decina di vetture “Indy” alle quali si contrapponevano cinque vetture europee: una Ferrari, una Maserati, tre Jaguar sport. Costrette le vetture italiane a dare forfait durante le prove di qualifica, rimasero in lizza le macchine inglesi. Nella seconda edizione, 29 giugno ’58, la partecipazione fu più nutrita: oltre alle Jaguar, scesero in pista tre Ferrari e una Maserati. Le vetture americane montavano tutte lo stesso motore di 4200 cmc.; differenti erano invece le carrozzerie di ciascuna, su cui era dipinto il numero di gara che contraddistingueva il pilota in ogni corsa cui partecipava.

In entrambe le edizioni si imposero macchine e piloti “Indy”. Nel 1957 la vittoria arrise a Jimmy Bryan (numero 1 di gara) su Dean Van Lines, soprannominato il “sigaro volante” perché guidava in corsa sempre con un grosso sigaro fra le labbra. Tony Bettenhausen (numero 27) realizzò la pole da record con una media di 283 Km/h. La Maserati del 1958, sponsorizzata “Eldorado” (prima forma di pubblicità extra-automobilistica), possedeva una tecnica costruttiva propria delle vetture “Indy” ed era condotta da Stirling Moss considerato il numero uno dei corridori europei. Della scuderia Ferrari facevano parte Mike Hawthorn (che quell’anno si sarebbe laureato campione del mondo di F.1), Phil Hill e Luigi Musso, pilota di punta dello sport motoristico italiano. Nelle prove libere Musso, a bordo di una Ferrari di 4023 cmc., aveva stabilito la media più alta con 281 Km/h. Dopo le tre manches la corsa fu appannaggio di Jim Rathmann (numero 5) su Watson-Offenhauser. Manuel Fangio e il francese Maurice Trintignant, piloti del mondiale di F.1, partecipavano con macchine da Indianapolis. Il povero Musso aveva i giorni contati: una settimana dopo Monza perì sul circuito di Reims nel corso del gran premio di Francia. Con lui, a livello di grandi piloti, spariva l’automobilismo italiano delle corse di velocità.