Visioni

Quando il sesso diventa un gioco di parole

Quando il sesso diventa un gioco di paroleUna scena da Fort Buchanan

Cinema Fort Buchanan di Benjamin Crotty, tra serie tv e finezze camp, si è rivelato come uno dei primi film più vitali visti al festival di Locarno

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 19 agosto 2014

L’esordio migliore è stato secondo la giuria Opere prime Songs from the North della regista coreana Soon-mi Yoo, la storia delle due Coree, l’invenzione tutta americana del 38° parallelo, la guerra, la divisione tra Corea del nord e Corea del sud, e quella cortina impenetrabile da cui la prima continua a essere avvolta fino a oggi con le dittature di Kim il Sung, dichiarato anche dopo la morte nel ’94, il Presidente Eterno, di suo figlio Kim Jong-il, il Caro Leader, e del figlio di questi Kim Jong-un, che lasciano ogni tanto trapelare minacce nucleari, di attacchi – l’ultimo ieri a visita conclusa nella Corea del sud del Papa – o lotte ferocissime di poteri.
Sappiamo che Kim Jong-il messo dal padre al controllo della produzione cinematografica, aveva lui stesso ambizioni autoriali, scrisse anche un libro teorico, una sorta di decalogo per fare buoni film che sostanzialmente era un codice per il cinema di propaganda tra il culto della personalità del leader nella logica di tutti i regimi. A differenza di quanto accade altrove però, per fare un esempio nella Ddr, la Germania socialista, si è visto troppo poco per sapere se come lì accadeva con film «dei conigli», prodotti dal regime e poi censurati, anche il cinema nordcoreano fosse obliquo rispetto alla committenza.
Non è questo comunque che interessa Soon-mi Yoo, la quale invece va a cercare archivi cinematografici e televisivi che costruiscono l’immagine «pubblica» della Corea del nord: marce, cori, recite dei bambini indottrinati sin da piccoli, storie strappalacrime, eroi di marmo del socialismo che muoiono per la patria, mai un dubbio, e se qualcuno vacilla, le donne manco a dirlo, ritrova subito la retta via.
A fare da contrappunto c’è la voce del padre della regista, marxista a differenza dei nordcoreani – del resto i socialismi reali non lo sono mai stati marxisti – che quando molti dei suoi amici partirono per la Corea del nord, seguendo il vento della rivoluzione, finiti chissà come nelle purghe di Kim il-Sung, lui era rimasto a casa per non dispiacere la madre. Oggi, a suo avviso, le due Coree non possonoi riunificarsi, non prima almeno che quella del nord sia econmicamente meno debole.
Le immagini di Soon-mi Yoo sono scorci di monumenti, profili urbani sintonizzati sul gigantismo del regime, soldati in marcia e allora si deve nascondere la telecamera, bimbi in divisa che sorridono nella foto di gruppo. Le gente non parla, solo qualche osservazione fuori campo, ad esempio nei lussuosi alberghi la paura dei burocrati privilegiati di di perdere in caso di una riunificazione. A parte il lavoro di ricerca sugli archivi, Soon-mi Yoo non sembra trovare un suo spunto originale nell’alternanza delle diverse «memorie», quelle dirette del padre e quelle mediate dell’iconografia ufficiale. L’impossibilità di narrare questa realtà fuori da queste, che è il suo obiettivo, rimane irrisolta, o almeno declinata con uan s emplicità quasi naif.
Visto i primi giorni, e non senza provare persino una certa irritazione, giunti alla fine, alla luce (ma non soltanto) delle proposte della sezione nella quale è stato presentato, la misteriosa Signs of life, appare tra gli esordi progettualmente più forti, Fort Buchanan di Benjamin Crotty, pastiche camp tra serie televisive americane tradotte in francese col traduttore di google, e il cinema gender. Il nonsense rigido di alcuni discorsi costruisce uno straniamento che è lo stesso col quale il regista raggela figure e archetipi degli immaginari seriali, tra sesso gay e famiglia. Una coppia di soldati, uno biondo che somiglia a Helmut Berger, l’altro nero, la figlia adottiva, adolescente con corpo e sensi in esplosione, un gruppo di irriverenti mogli di militari, un bonazzo da calendario gay, vivono isolati nel fortino mentre gli amati sono lontani in missione. Lui è affranto perché l’amato è sparito, si è stancato e prova piacere con una nuova conquista. La sorpresa di piombare tutti alla base nel deserto dove sta il marito «traditore» non sarà una buona idea..

Il gioco è smaccato ma l’operazione di ricreare universi narrativi popolari è piuttosto intelligente, così come è spregiudicato il modo di mischiare stereotipi di erotismo, generi e gender, e desideri. Uno sguardo da tenere d’occhio.

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