La sede è di quelle mozzafiato, un sito veneziano poco turistico e poco conosciuto: la Scuola Grande della Misericordia, restaurata un paio di anni fa e concepita come luogo tecnologico e polivalente per ospitare eventi di varia natura. È qui che, fino al 22 novembre, è possibile visitare Magister Canova, mostra multimediale che fa parte di una trilogia dedicata a tre maestri dell’arte italiana, inaugurata lo scorso anno con Giotto e che proseguirà il prossimo con Raffaello. È necessario fare subito una premessa, allargando il discorso oltre la specifica esposizione e soffermandosi su un settore di «tendenza», quello, appunto, ormai fortemente diffuso, delle mostre virtuali concepite come percorsi narrativo-didattici che si affidano alle nuove tecnologie accompagnando il visitatore in un percorso fatto di immagini, testi e suoni in assenza delle opere d’arte reali.
Il progetto Magister – prodotto dal gruppo Cose Belle d’Italia Media Entertainment – non va tuttavia messo sullo stesso piano di altre esposizioni similari e più mainstream come quelle su Van Gogh o Klimt, per fare un paio di esempi. A spiegarlo molto chiaramente è proprio l’amministratore delegato della società, Renato Saporito, il quale puntualizza: «Quel tipo di mostre multimediali non sono prodotti culturali, ma puro entertainment. La nostra impostazione, basata su quattro concetti chiave – cultura, tecnologia, rigore scientifico, emozione – è completamente diversa: noi utilizziamo la tecnologia in modo innovativo e artistico, innanzitutto con lo scopo di valorizzare il patrimonio culturale in chiave contemporanea, senza sostituirci quindi all’esperienza museale vera e propria, ma anzi stimolandola attraverso un diverso approccio comunicativo, basato sulla narrazione».
TRASPARENZE
A certificare la scientificità di questa mostra bastano i nomi delle figure coinvolte, a cominciare dai curatori: Mario Guderzo, direttore della gypsotheca e Museo Antonio Canova di Possagno, e Giuliano Pisani, filologo classico e storico dell’arte; nonché un comitato scientifico cui sono stati affidati i testi che, attraverso l’audioguida, conduconolo spettatore nei diversi ambienti che, in modi diversi, ricostruiscono le opere più significative del grande scultore veneto Antonio Canova (1757-1822), tutte filmate ad altissima definizione nei luoghi dove sono conservate: dai disegni anatomici alla Paolina Borghese, dall’Ercole e Lica ad Amore e Psiche, dalle Tre grazie alle tempere con le danzatrici, pregevole esempio di pittura neoclassica che si ricollega all’iconografia degli affreschi pompeiani.
Lo spettatore si immerge così in un percorso circoscritto dentro una grande area rettangolare, che poi non sarebbe altro che un virtuale blocco di marmo di Carrara, materia prima della scultura canoviana. Al suo interno i diversi ambienti sono ripartiti da strutture velate che creano un gioco di trasparenze e dissolvenze. Il risultato è un film tridimensionale, con la voce narrante di Adriano Giannini che alterna informazioni storico-tecniche a descrizioni, ma anche a parole dello stesso scultore che raccontano spesso della fatica e della sofferenza legate al processo creativo. La direzione artistica di Magister Canova è di Luca Mazzieri, non a caso autore e regista di film d’arte, che ha concepito la messa in scena della storia e dell’opera di Canova avvalendosi dell’architetto Alessandra Costantini.
Ciascuna opera viene presentata all’interno della mostra con dispositivi differenti, per esempio se la presentazione di Amore e Psiche scorre su uno schermo di 360 gradi e avvolge il pubblico, Paolina Borghese è inscatolata all’interno di una stanza- sarcofago e la si può guardare (o, meglio voyeuristicamente spiare) unicamente da diversi spioncini che la riproducono da ogni lato.
OMAGGIO
Ma a differenziare questa esposizione dalle altre «esperienze digitali» così diffuse c’è anche l’intervento di un artista contemporaneo, Fabrizio Plessi, che ha voluto rendere omaggio a Canova: Plessi è stato, infatti, invitato a realizzare un’opera che funge da introduzione, al piano terra della Scuola Grande, dunque in uno spazio separato rispetto al percorso vero e proprio. Si tratta della testa monumentale di Canova dentro cui lo spettatore accede per scoprire la mente creativa dell’artista e come ha concepito i suoi capolavori. Nel tipico stile del videoartista ferrarese (ma veneziano di adozione), un flusso liquido-cosmico (l’elemento dell’acqua è sempre stato fondante nel suo immaginario) viene proiettato all’interno del calco lasciando affiorare e scomparire, di tanto in tanto, i tratti di alcune sculture canoviane, appena riconoscibili. «Ho aderito con entusiasmo al progetto», dice Plessi, «innanzitutto perché è in linea con il mio lavoro degli ultimi anni, volto a dialogare con l’arte del passato. A me poi Canova è sempre piaciuto ma più che dal punto di vista scultoreo da quello architettonico, per lo spazio, il vuoto e il pieno che è riuscito a creare intorno alle sue opere. Ho realizzato così quello che chiamo «iceberg» all’interno della navata, entrando dentro il suo cervello, come fosse una piscina dell’anima, per cogliere il momento della creazione artistica».
ARMONIE
Mentre si è appena conclusa al museo Pushkin di Mosca la sua mostra The Soul of Stone con 16 videosculture pensate per dialogare con quel prestigioso spazio, Plessi pensa già a un altro grande del passato con cui vorrebbe confrontarsi: «Ho una vera ossessione per Caravaggio, lo studio da due anni e vorrei fare un lavoro sulla sua luce. Ma sono anche attratto dalle icone russe (ne ho comprate alcune) e realizzerò sicuramente una mostra su questo tema, approfondendo la relazione tra digitale e spirituale che mi affascina da tempo».
Magister Canova è, in conclusione, l’occasione per comprendere meglio come, anche in assenza dell’opera reale, si possa realizzare un’esperienza conoscitiva e immersiva che abbia come scopo innanzitutto quello di avvicinare il grande pubblico alla perfezione e al mistero dell’arte. Oggi questa tipologia di mostra è diffusa a livello planetario (lo stesso format di Magister è stato progettato per essere venduto in tutto il mondo) e non si può certo ignorarla, tenendo conto che noi italiani siamo stati all’avanguardia nel rapporto arte/tecnologia applicato alla fruizione museale: il modello di multimedialità didattica restano, infatti, i cosiddetti «musei tematici» concepiti negli anni Novanta da Studio Azzurro. E non è un caso che lo stesso Saporito nomini proprio Paolo Rosa che di questo collettivo è stato co-fondatore e guida teorica, collegandosi idealmente a quell’estetica dove sapere e spettacolo visivo si sono sempre coniugati armonicamente.