Enrico Mentana si è indignato e offeso per le critiche che gli sono piovute addosso dopo la sua reprimenda sulla conferenza stampa – non a reti unificate – del presidente del consiglio Conte. Se avesse saputo dell’attacco di Conte a Salvini e Meloni – parole del direttore del TgLa7 – non lo avrebbe mandato in onda.

Un comportamento da censore, definizione non gradita da chi si ritiene il cavaliere, senza macchia e senza paura, della libertà di informazione. Anzi, ha rivendicato il fatto di aver tagliato la famosa cassetta della discesa in campo di Berlusconi. A cui molte altre ne seguirono. Come quella del proclama contro l’avviso di garanzia che lo raggiunse nel 1994.

Mentana, in compagnia di Emilio Fede, scattò sull’attenti e mandò in onda il Vhs con l’appello integrale dell’editore-presidente del Consiglio: il Tg come la cassetta della posta. Non un piccolo dettaglio, basta non avere la memoria corta.

Ribadiamo il concetto: il presidente del consiglio è libero di convocare conferenze stampa dove i giornalisti sono liberi di chiedere quello che vogliono, e il premier altrettanto di esprimere le proprie opinioni.

Si può discutere sull’opportunità di fare i nomi dei suoi avversari, ma non sul suo diritto alla difesa di fronte ad accuse ripetute ogni giorno, a tutte le ore, su tutti i media e senza censure. Quali accuse?

“Criminale” o “traditore”, tra le tante. Offerte ai microfoni dei tg senza repliche. La vera libertà di informazione non prevede censure, né preventive, né a posteriori. Purché possa essere esercitata da tutti con gli stessi diritti.