Nel cinema i topi, o meglio sarebbe dire i ratti, per la valenza selvatica che questi ultimi portano con loro rispetto all’immagine più «domestica» e addolcita dei primi, sono stati spesso la rappresentazione simbolica di un qualcosa di negativo, di pericoloso e di estraneo, fin dagli albori della settima arte. Ma è con l’esplosione del cinema di genere che questo animale ha cominciato ad «infestare» gli schermi di numerose pellicole, Gilles Deleuze e Felix Guattari nel loro capolavoro Mille plateaux già citavano Willard del 1971, film in cui il protagonista umiliato dagli umani trova rifugio e possibilità di vendetta attraverso i ratti, come esemplificazione del diventare-animale.
Ma i lavori dedicati ai ratti sono moltissimi, da Deadly Eyes del 1982, all’italiano Rats – Notte di terrore di due anni successivo, fino ad arrivare al bel documentario Rat Film di Theo Anthony del 2016. Anche il Giappone con le sue ossessioni verso le mutazioni ed i mostri, vedi Godzilla e Matango il mostro di Ishiro Honda, non poteva mancare un interesse verso l’orda di ratti come evento scatenante per gettare lo scompiglio nella popolazione. Ecco allora che la Daiei, compagnia fondata nel 1942, nei primi anni sessanta decise di sfruttare il successo proprio di Godzilla e di tutti kaiju che ne seguirono. Ben prima di lanciare quello che a tutt’oggi è il mostro più celebre concepito dalla casa di produzione giapponese, Gamera, l’enorme mostro tartaruga che dal 1965 al 2006 avrebbe tenuto incollato al grande schermo giovanissimi spettatori e non per un totale di 12 pellicole, arrivarono i ratti.

Il primo kaiju eiga della Daiei doveva essere infatti Nezura, una pellicola ispirata ai tokusatsu eiga, film con effetti speciali, in cui la stessa casa di produzione si era specializzata nel decennio precedente, e a Gli Uccelli di Hitchcock. Così come il capolavoro del regista britannico introduceva il caos e la paura senza senso in una piccola cittadina di provincia, allo stesso modo questo terrore doveva essere portato e rappresentato nel film giapponese da un’orda di ratti. La storia è ambientata in un’isola nelle vicinanze di Tokyo dove un gruppo di scienziati sono impegnati nella creazione di un cibo speciale denominato S602, dopo l’invenzione di questo super alimento però uno degli scienziati si accorge che l’ingestione provoca degli effetti collaterali di mutazione. Tutto viene bloccato e questo alimento speciale viene nascosto, non dalle fauci dei ratti che abitano l’isola che iniziano a cibarsene e a invadere la città di Tokyo guidati da un enorme ratto, Nezura.

Nel 1963 per promuovere la produzione del film fu addirittura mandato per le strade della capitale giapponese davanti ai vari cinema un camion con materiali e scritte promozionali intorno al film. Il problemi iniziarono quando si decise di usare animali veri. Catturati nelle fogne dallo staff della Daiei, i topi che dovevano essere usati durante le riprese cominciarono, quasi trasferendo il contagio e la fobia rappresentata nella storia nella realtà, a diffondere germi e zecche e pidocchi sul set. Le condizioni diventarono davvero insopportabili per i poveri attori e tutti coloro che lavoravano al film e la pellicola fu quindi cancellata. Una storia, questa del film abortito che meriterebbe di suo una versione cinematografica. Gli sforzi della Daiei nella realizzazione di Nezura non furono tutti vani, molte delle miniature realizzate per l’occasione, stazioni, scorci di città e così via, furono infatti riutilizzate per la creazione del già citato Gamera, che diventò così il primo kaiju eiga della compagnia.

matteo.boscarol@gmail.com