Cultura

Quando Hitler e Stalin si spartirono in segreto l’Europa orientale

Quando Hitler e Stalin si spartirono in segreto l’Europa orientaleMosca, 28 settembre 1939, la firma del trattato di amicizia tra Urss e Terzo Reich alla presenza di Stalin

Il saggio «Il patto Molotov-Ribbentrop e la falsificazione della storia» di Antonella Salomoni, per il Mulino. Al patto di non aggressione, sottoscritto dai ministri degli Esteri dei due Stati, al quale i contraenti fecero seguire la firma di un «protocollo aggiuntivo» - non divulgato - finalizzato a regolare la spartizione dell’Europa orientale e, in particolare, della Polonia

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 17 dicembre 2022

Nel saggio dal titolo Il protocollo segreto. Il patto Molotov-Ribbentrop e la falsificazione della storia (il Mulino, pp. 275, euro 22) Antonella Salomoni, profonda conoscitrice e studiosa tanto delle vicende dell’Unione Sovietica quanto di quelle relative alla Shoah, rivolge la propria attenzione al celebre patto che fu siglato a Mosca, il 23 agosto del 1939, fra l’Urss staliniana e la Germania nazista.

UN PATTO di non aggressione, sottoscritto appunto dai ministri degli Esteri dei due Stati, al quale i contraenti fecero seguire la firma di un «protocollo aggiuntivo» – non divulgato – finalizzato a regolare la spartizione dell’Europa orientale e, in particolare, della Polonia.

È importante sottolineare che la studiosa, fondando la propria analisi soprattutto sulla consultazione delle fonti ex sovietiche, si concentra proprio sulle vicende del protocollo in questione mettendo in rilievo come esso abbia suscitato una controversia nata dalla pubblicazione di un opuscolo dal titolo I falsificatori della storia.

Risalente al 1948 il testo, scritto in buona parte dallo stesso Stalin, accusava in sostanza «gli ideologi e gli attivisti dell’imperialismo contemporaneo» di aver selezionato ad arte alcuni documenti allo scopo di danneggiare e diffamare l’Unione Sovietica. Da allora, osserva la studiosa, tra il campo occidentale e quello sovietico ha avuto luogo una vera e propria divaricazione storiografica: nel primo si sosteneva infatti l’autenticità del protocollo, nel secondo se ne affermava invece la falsità. Il ritrovamento, alla fine del 1992, di due plichi che contenevano l’originale dell’accordo segreto non ha portato affatto con sé il riavvicinamento delle due storiografie: in quel periodo, in Russia è al contrario iniziato un processo di restaurazione volto a contrastare il dibattito che si era sviluppato durante l’epoca gorbacioviana e a riscrivere la storia del Novecento riguardo soprattutto a una questione – la cosiddetta «complicità spartitoria».

Viene messa cioè apertamente in discussione la comune volontà – da parte del regime staliniano come di quello hitleriano – di definire delle sfere di influenza: si asserisce, in altri termini, che l’accordo di Monaco aveva spinto l’Urss a cercare di allearsi con la Germania nazista in maniera da non essere costretta ad affrontare da sola la minaccia costituita dalle potenze europee.

L’UNIONE SOVIETICA aveva insomma invaso la Polonia solo quando, sentendosi abbandonata da Gran Bretagna e Francia, aveva visto messa in pericolo la propria sicurezza. Proprio per questo, al giorno d’oggi, Vladimir Putin mette l’accento su un aspetto: l’importanza, perché l’Europa intera abbia un futuro di pace e cooperazione, di ricordare come il nazismo sia stato sconfitto solo grazie alla collaborazione tra gli alleati. Reclamare, come egli ha fatto in seguito, la necessità di «denazificare» l’Ucraina, sembra una rivendicazione perfettamente in linea con la sua ricostruzione storiografica alla quale, nel febbraio di quest’anno, ha dato purtroppo tragica attuazione.

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