Quando finirà?

È la domanda che ci facciamo tutti. Uno dei maggiori fattori di stress deriva dal non sapere quando si tornerà a una vita normale. Per farcene un’idea, abbiamo parlato con il biologo Giovanni Maga, che dirige il laboratorio di Virologia Molecolare del CNR di Pavia.

Il nostro piano nazionale antipandemia prevede di rimuovere le misure di contenimento dopo «valutazione da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità»(Oms). Secondo l’Oms non c’è un unico criterio per dichiarare concluso di un focolaio epidemico: dipende dalla malattia. Uno dei criteri presi in considerazione più spesso prevede di dichiarare un territorio “libero” dopo due periodi di incubazione senza nuovi casi. Per altre malattie, è rischiesto solo che il numero di casi torni al valore che si osservava prima dell’epidemia. Ma prima dell’epidemia, il COVID-19 semplicemente non esisteva.

Secondo Maga, non dovremo attendere così a lungo. «Quando si arriverà ad un’attenuazione significativa dei nuovi casi si potrà, sulla base di valutazioni caso per caso, allentare gradualmente le misure in maniera proporzionale al rischio. Ad esempio, se in una Regione rimanesse una circolazione bassa limitata ad alcune zone si potrebbero creare cordoni di contenimento attorno a quelle zone e alleggerire le limitazioni su quelle più distanti. Sicuramente nel periodo di transizione verso la normalità le misure di distanziamento sociale andranno allentate gradualmente e sempre con attenzione alla situazione epidemiologica».

I dati ballerini

Quale che sia il criterio scelto dal governo per concludere l’emergenza, dovrà essere basato su dati quantitativi credibili. Nelle zone più colpite dall’epidemia, come la provincia di Bergamo, il numero di test effettuati non permette attualmente di valutare né il numero di contagiati né quello dei morti in modo certo. L’Istat e il Dipartimento di Epidemiologia e Prevenzione del Lazio stanno iniziando a diffondere i dati sulla mortalità, almeno per quei comuni in cui sono aggiornati quotidianamente. Ma per il momento, dobbiamo accontentarci dei dati che abbiamo.«I dati sono i migliori che possiamo avere in questa fase», spiega Maga. «In uno scenario prossimo, con l’allentamento dell’emergenza sarà possibile estendere l’indagine epidemiologica sia con tamponi che con ricerca di anticorpi ad una fetta più ampia della popolazione, ottenendo così dati più ampi su cui programmare le misure da adottare».

Liberati dagli anticorpi

I test, per l’appunto. Quelli che cercano gli anticorpi nel sangue consentono di capire chi ha avuto il virus anche se non ha avuto sintomi. Gli esperti dell’università di Torino Sergio Rosati, Barbara Colitti e Luigi Bertolotti hanno proposto una strategia su “Avvenire”: «se cominciamo a cercare nel sangue delle persone gli anticorpi verso le proteine virali, possiamo intercettare con rapidità tutti i sieropositivi e identificare una fascia della popolazione a cui potrebbe essere consentito di riprendere, prima di altri, l’attività lavorativa», scrivono gli scienziati.

Ma non è ancora chiaro se le persone guarite siano immuni a lungo termine e possano essere considerate al sicuro. Altri coronavirus, come quello che provoca il raffreddore, conferiscono un’immunità solo di pochi mesi. I test per gli anticorpi però sono opportuni, secondo Maga. «L’indagine sierologica è importante innanzitutto per capire le dimensioni dell’epidemia. Non sappiamo quanto duri l’immunità, ma proprio attraverso la ricerca di anticorpi potremo capire meglio la sua durata».

La vita che verrà

È ancora più oscuro cosa ci attenda “dopo”. Dopo questa ondata di contagi, gran parte della popolazione rimarrà comunque suscettibile e altre epidemie possono verificarsi. Uno studio dell’Imperial College di Londra prefigura uno scenario a “yò-yò”, in cui le misure di contenimento vengono attivate e disattivate a intermittenza in corrispondenza di nuovi, prevedibili focolai. «Nel periodo di transizione sicuramente una certo grado di distanziamento sociale sarà necessario, insieme a misure di accesso controllato alle strutture che man mano riapriranno a dipendenti e pubblico», spiega Maga. «Queste misure si attenueranno man mano che l’infezione scemerà, ma dovranno essere sempre calibrate su considerazioni rispetto al rischio di fare ripartire nuovi focolai e quindi andranno tolte con grande prudenza». Prima di tornare alla vita normale dobbiamo conoscere meglio il virus: «dobbiamo capire meglio le caratteristiche della risposta immunitaria contro il virus e i meccanismi di trasmissione, soprattutto nell’area grigia degli asintomatici. Ma sono dati che si stanno accumulando».