Ricordate quanti a gennaio esultavano per la chiusura dell’account Twitter di Donald Trump? A qualcuno era sembrata la vittoria della democrazia sulla barbarie, una vittoria scritta e diretta da una società privata che fattura più di 3 miliardi di dollari l’anno. Azienda certamente preoccupata delle sorti del mondo e che si fa garante della democrazia. Ma se poi, dietro a scelte che all’apparenza possono sembrare di buon senso, ci fosse una discrezionalità che può venire applicata anche al piccolo evento dove magari si intrecciano dei significanti che all’algoritmo, non si sa bene perché, risultano indigesti? Se il vostro account fosse improvvisamente raso al suolo, senza possibilità di recupero, per una causa per niente identificata e che confluisce in una logica conosciuta solo da parte degli sviluppatori del social e da chi lo gestisce? Anzi, forse nemmeno più da loro.

Ecco, questa è una piccola storia ma indicativa, per chiunque. Per farla breve, anche perché c’è molto poco nei fatti, il Centro Sociale Sisma di Macerata organizza la presentazione di La Q di Qomplotto – Come le fantasie di complotto difendono il sistema di Wu Ming 1 (Alegre, 2021), i ragazzi e le ragazze creano un evento Facebook con il logo del Sisma, la copertina, orario, indirizzo e le poche ed essenziali informazioni necessarie per partecipare alla serata. Dopo poche ore, il 29 agosto, spariscono le pagine del centro sociale con 12mila follower e di tutti i profili utente dei quattro amministratori. Un po’ storditi, pensando a un errore, gli amministratori iniziano a compilare i form necessari per riabilitare l’account. La decisione è insindacabile quanto anonima, proprio come nella trama dei complotti, qualcuno o qualcosa ha deciso, Facebook è il giudice di se stesso. Medesima sorte, qualche settimana prima, è accaduta al circolo culturale Magazzino Parallelo di Cesena.

Facebook cancella i profili – di solito prima c’è un blocco, una sospensione di alcuni giorni – quando non si sottostà agli “standard della community” pubblicando per esempio contenuti deplorevoli, di violenza, che incitano all’odio, al razzismo, al bullismo, determinano truffe, eccetera, in altre parole quando si fa un uso improprio della piattaforma. E fin qui si resta nei perimetri del buon senso.

Stiamo però parlando della presentazione di un libro. Un libro che parla di complotti e che viene svolta in una data simbolica, l’11 settembre. Il paradosso è che nel tentare di limitare la cattiva informazione come la propaganda complottista di QAnon, si va a colpire chi quel tipo di narrazione cerca di smontarla utilizzando per forza di cosa lemmi che l’algoritmo intercetta come pericolosi. Di conseguenza potrebbe accadere a tutti coloro che si impegnano nella produzione di un pensiero critico e alternativo, con risvolti immaginabili. Come a dire che il dispositivo si fa le ossa su argomenti riconosciuti da tutti come sanzionabili ma, allo stesso tempo, perfeziona anche un pericoloso strumento di repressione verso chi non si conforma al discorso generale o alimentando il necessario conflitto.

Nel comunicato apparso ieri nella pagina del Sisma si dice: “Dispositivi di questo tipo tendono a segnare linee di divisione tra un discorso pubblico accettabile, e quindi social addicted, e un altro che ne deve rimanere fuori, una distinzione tra i ‘bravi cittadini’ degni di esprimersi e i cattivi che devono essere espulsi dalla pubblica agorà. E questo a prescindere dal merito della questione o della tematica trattata. E anche a prescindere dai processi di privatizzazione degli spazi di espressione e informazione pubblica”.