Seguiamo con profondo dolore l’evoluzione di un immane catastrofe che ha già mietuto tre vittime, raso al suolo attività umane e distrutto una parte significativa di habitat e di ecosistemi forestali, tra i più importanti nell’area euro-mediterranea. Brucia la foresta più a Sud del continente europeo e, con essa, i simboli di quel patrimonio di biodiversità con cui, finalmente, avevamo raccontato al mondo qualcosa di diverso e di unico del nostro Aspromonte.

La scellerata azione dei criminali, anche a causa delle caratteristiche climatiche e morfologiche della montagna d’Aspromonte, conferisce al fuoco caratteri parossistici che, come sta accadendo adesso, possono diventare catastrofici. Pertanto, la prevenzione si rivela l’unica strategia per attuare un’efficace azione di contrasto al fenomeno, atteso che i grandi incendi boschivi, come quello che interessa in queste ore l’Aspromonte, non sono governabili con alcun mezzo, né terrestre, né aereo.

Consapevoli delle specifiche caratteristiche del nostro territorio montano, quando abbiamo avuto la responsabilità del Parco Nazionale dell’Aspronte, prima negli anni dal 2000 al 2005, e poi dal 2013 al 2018, avevamo messo in atto una strategia basata sui cosiddetti “contratti di responsabilità”, i cui risultati, negli anni del nostro lavoro come Presidenti del Parco, sono ampiamente dimostrati.

Il modello “Perna” prevedeva il riconoscimento di una premialità, inversamente proporzionale al risultato conseguito, alle Associazioni regolarmente iscritte nei registri di protezione Civile per la sorveglianza e il monitoraggio di porzioni di territorio affidate loro in cura. I soggetti del Terzo Settore sceglievano liberamente le aree boschive che pensavano di “adottare” da giugno ad ottobre e ricevevano dal Parco Nazionale dell’Aspromonte un anticipo sulle spese, che dovevano in seguito rendicontare, in base a parametri quali l’ampiezza dell’area, l’orografia, la distanza dai centri abitati, ecc. Non veniva praticata una gara al ribasso sull’offerta economica che tanti guasti ha provocato in diversi settori della pubblica amministrazione. A fine ottobre in base ai risultati, ovvero alla superficie di terreno percorsa dal fuoco, ricevevano l’altra parte del contratto, pari al 50 per cento del pattuito. Se la superficie bruciata in percentuale aveva superato la soglia prefissata perdevano questa premialità.

Il modello “Bombino”, in continuità, aveva implementato ed esteso in via sperimentale tale approccio anche ai pastori e ai coltivatori del fondo, a cui, finalmente, veniva riconosciuto l’inedito ruolo di “sentinelle del bosco” e di “custodi della natura aspromontana”. Tali modelli, ulteriormente implementabili e integrabili, si basavano su una filosofia innovativa che ha consentito di coinvolgere gli “abitanti della montagna” in un progetto inedito di collaborazione.

Riteniamo che i pastori, in questa rinnovata veste, spogliati del mero ruolo di conduttore e custode di greggi e investiti del compito più articolato di osservatori/custodi dell’ambiente, rappresentino un asse importante del modello di prevenzione degli incendi boschivi, nell’ambito del quale la loro collaborazione integra la rete degli altri soggetti istituzionali coinvolti.

Ci chiediamo come mai non si sia voluto dar seguito a questi modelli di prevenzione, le cui positive ricadute avrebbero contribuito, d’altra parte, a rafforzare la “trama sociale” in un territorio assai problematico. Non può esserci conservazione senza condivisione di visioni e di percorsi. Purtroppo, troppa parte del territorio aspromontano, sia demaniale che privato, è abbandonato a sé stesso ed è visto ormai come una sorta di res nullius, anziché come un bene comune. Facile preda di chi con gli incendi ci guadagna, a partire dalle società che gestiscono lo spegnimento aereo.

Si ritorni a quella “infrastruttura umana” per la salvaguardia di un patrimonio ambientale e naturalistico di inestimabile valore. Il coinvolgimento di chi vive la montagna, anche di inverno, esprimendo l’affascinante rapporto uomo-natura, significa mettere sempre più al centro le Comunità, agevolando i percorsi di promozione socio-economica del territorio, di valorizzazione delle sue risorse e di rispetto dell’ecosistema.

*Tonino Perna, presidente del Parco dal 2000 al 2005

*Giuseppe Bombino, Presidente del Parco dal 2013 al 2018