Non è certo la prima volta che uno Studio hollywoodiano «passa di mano», ma la vendita della Twentieth Century Fox alla Disney sembra un passaggio epocale. L’idea che una delle Major storiche del cinema americano, scollata dalla sua entità fisica -il backlot di Century City, con i teatri di posa e gli uffici déco, i bungalow dei produttori indipendenti, la via curva di facciate «newyorkesi», il murales di Tutti insieme appassionatamente sullo sfondo del cielo blu californiano (e del grattacielo di Die Hard) – diventi semplicemente un altro marchio (come Marvel o Pixar) della Disney è passata straordinariamente in sordina, sacrificata alla cultura «transactional» dei nostri tempi. Una funzione della guerra a Netflix e del futuro su piattaforma. Una mossa logica sullo scacchiere della corsa ai contenuti – che sta ipersaturando non solo il mercato ma anche l’immaginario.
Fuori dalle riviste di settore e dai corridoi dell’industria, poco si parla dei contraccolpi di questa mega-operazione finanziaria -in primis una concentrazione di potere sul botteghino che metterà in ulteriore difficoltà la relativa stabilità di altri Studios; una serie di licenziamenti che potrebbe eliminare fino a 4.000 posti di lavoro; l’unione improvvisa di due culture (corporate e cinema) sostanzialmente diverse; fino a dati più tristemente folkloristici come il fatto che – dato che il backlot di Century City è affittato alla Disney per sette anni, ma rimane di proprietà dei Murdoch (chissà mai volessero trasformare tutto in condomini), gli impiegati della Twentieth Century Fox condivideranno gli edifici storici con quelli della murdochiana Fox Corp., casa madre di Fox News, nel cui consiglio d’amministrazione è appena entrato l’ex presidente della Camera Usa Paul Ryan e il cui portavoce è l’ex direttore delle comunicazioni di Trump, Hope Hicks.

A PARTE una bella retrospettiva di film della Fox Corp, organizzata dal Moma a New York, e qualche articolo sommario che evidenziava Oscar e successi di botteghino, poco si è fatto anche sulla storia della Twentieth Century Fox – i film, le invenzioni tecnologiche, le speculazioni, i cambi ai vertici…L’occasione di rivisitarla è stato l’intervento (accolto da una standing ovation e dotato di diapositive che qui purtroppo non abbiamo) del capo degli archivi dello Studio, Schawn Belston, tenuto sabato scorso durante il TCM Film Festival. Ne pubblichiamo alcuni estratti.

«William Fox è nato in Ungheria il primo giorno dell’anno 1879; è stato portato a New York da suo padre con poco più dei vestiti che avevano addosso. Ha iniziato a lavorare a 10 anni, ha acquistato il suo primo Nickelodeon nel 1904 e a 36 anni aveva il suo studio cinematografico, la sua distribuzione e la sua catena di sale. Poco prima del crack del 1929, Fox aveva orchestrato il takeover della Loew’s Inc, compagnia sorella della Mgm, un’operazione che avrebbe consolidato la maggior parte dell’industria in un’unica entità. Ma il destino è intervenuto in modi diversi e, a cinquantun anni, nel 1931, era estromesso dall’impero che aveva fondato, il suo ’William Fox Presenta’eliminato dai film della Fox Film Corp. È morto in relativa oscurità nel 1952. Ma il suo nome ha continuato a vivere.

Nel 1927, all’apice della Fox Film Corporation, mentre stavano ancora costruendo il lot di Century City dove lavoriamo oggi (allora si chiamava Movietone City), Fox aveva assunto il grande regista tedesco F.W. Murnau, attirandolo dall’Europa con la promessa di avere carta bianca…
Murnau girò parte di Aurora, il suo primo film Fox, su set che raffiguravano una città, costruiti in una parte dello Studio che è oggi un centro commerciale. Aurora è probabilmente il suo capolavoro, e ha avuto un impatto immediato su John Ford e Frank Borzage, i cui film realizzati dopo Aurora portano il segno inconfondibile dell’influenza di Murnau.

Non soltanto Aurora è una produzione di qualità artistica unica, al tempo era anche una meraviglia tecnologica. È stato infatti il primo film realizzato in Movietone, un processo sonoro sviluppato da Fox che ne registrò il marchio e che è stato il progenitore di tutti gli altri processi sonori per il cinema». (…)

«DOPO Aurora, Murnau ha diretto un film circense, Four Devils (I quattro diavoli, 1928) accolto da recensioni entusiaste. Purtroppo più del 75% dei film dell’era del muto sono andati perduti o distrutti dall’usura del tempo. Four Devils è uno dei tesori che non conosceremo mai eccetto che per gli squarci offerti alla nostra immaginazione da fotografie e copioni. È probabilmente il film perduto più famoso della Fox Film Corp, dopo la versione di Cleopatra con Theda Bara.
Nata a Cincinnati Theodosia Goodman, e poi reinventata dall’industria come proveniente dal deserto del Sahara, da padre arabo a madre francese,è stata la prima grande star della Fox Film Corporation. Sebbene fosse nota essenzialmente per ruoli da vamp, il suo Cleopatra fu un gigantesco successo nel 1917; e un film perduto entro il 1937. Il cinema è effimero.

 

Cleopatra sarebbe risorta dalle ceneri nel 1963, riportata in vita da Joseph L. Mankiewicz, Elizabeth Taylor, Richard Burton e Rex Harrison. La produzione di quel film fu costosa, tormentata e costellata di scandali. In gran parte per via degli eccessi di budget di Cleopatra, e per l’incompiuto di Marilyn Monroe (con la regia di Cukor) Something’s Got To Give, il consiglio diamministrazione licenziò il presidente dello Studio, Spyrous Skouras, nel 1962, e riassunse Daryl F. Zanuck, che aveva lasciato la compagnia nel ’56 per fare il produttore indipendente.

TRA LE SUE PRIME iniziative ci fu quella di assumere suo figlio, Richard Zanuck, in qualità di direttore della produzione. All’epoca ventiseienne, Zanuck avrebbe avuto una tenitura incredibile allo Studio durante un’altra grande fase di transizione per l’industria. Originariamente, Cleopatra era stato progettato da Mankiewicz come due film, uno su Cesare e Cleopatra e l’altro su Antonio e Cleopatra. Per ordine di Daryl Zanuck, sarebbe stato invece assemblato in una versione di quasi cinque ore e mezza, prima di essere ridotto ulteriormente per la versione di quattro ore che conosciamo oggi. Leggenda vuole che esista una copia della versione lunga in mani private. Ma lo studio ha speso anni e notevoli risorse per trovarla, senza successo.

La versione distribuita in sala, che abbiamo restaurato dagli elementi originali in 65 millimetri qualche anno fa, era al primo posto del box office del 1963, e rimane l’unico film della storia a combinare quella distinzione con il fatto di non aver registrato un profitto (sarebbe rientrato nei costi solo nel 1966)».

«IL PRIMO film con un cast interamente afroamericano della Fox è stato Stormy Weather, del 1943. Non ha una grande trama ma non importa perché è pieno di performance stupefacenti.
Si svolge in un mondo dello spettacolo idealizzato, dove le star interpretano versioni velatamente riconoscibili di sé stesse in una storia che celebra il loro talento: Lena Horne, Bill Robinson, Cab Calloway e Fats Waller. E la scena finale del film che è la ciliegina sulla torta, con i Nicholas Brothers, che tutt’oggi ispirano ballerini con il loro incredibile atletismo artistico».


«HO SCOPERTO i Nicholas Brothers in un altro film Fox, il musical con Betty Grable, Down Argentine (Notti argentine, 1940) ma nessuna storia dello Studio sarebbe completa senza quello che Fred Astaire ha definito il più grande numero musicale mai filmato, il finale di Stormy Weather. Come rimanere all’altezza dei Nicholas Brothers? Forse con il CinemaScope. Non si può sottolineare abbastanza l’importanza del formato CinemaScope nella fortuna della Fox. Lo studio investì oltre 10 milioni di dollari nello sviluppo del processo, acquistando il sistema anamorfico di Henri Chretien per schermo allargato e sviluppando un sistema di sonoro stereofonico che contribuisse a un’esperienza immersiva dei film. I primi due film realizzati in quel formato quasi simultaneamente furono la farsa musicale Come sposare un milionario e La tunica. Daryl Zanuck decise che la scala epica di La tunica si prestava meglio a valorizzare il nuovo formato e quindi decise di farlo uscire prima…

 

Dopo il successo di entrambi i film, l’allora presidente, Spyrous Skouras, annunciò che da quel momento tutte le produzioni Fox sarebbero state in CinemaScope, facendo sì che lo studio cedesse altrove film che non erano previsti in quel formato, come Fronte del porto. Lo Scope non era per tutti».