Inaugurata ieri, nell’austera ma calorosa cornice rinascimentale del Santuario Madonna del Carmine di San Felice del Benaco, la 6° edizione del Filmfestival del Garda arriva a metà percorso (chiude il 14), forte di un programma peculiare ed eterogeneo. «Il festival – spiega la direttrice artistica Veronica Maffizzoli – è oggi una macchina ben rodata … Siamo orgogliosi di questa edizione, che unisce i nuovi talenti del panorama cinematografico alla retrospettiva dedicata ai Balcani. Quest’anno abbiamo voluto che il Filmfestival si svolgesse nel paese che gli diede i natali, perciò lo abbiamo posticipato all’estate, anche per utilizzarlo come veicolo privilegiato per attirare turismo culturale».

Si volteggia dunque tra amene località gardesane come San Felice del Benaco, Portese e Cisano, peccato che con lo slittamento di date sia perso il Vittoriale dannunziano che aveva ospitato il festival nelle edizioni passate, che accolgono film, musica ed eventi speciali. Il concorso lungometraggi (opere prime e seconde), ha già schierato due film di assoluto interesse come Izlet dello slovacco Nejc Gazvoda, selezionato due anni fa per concorrere all’Oscar come miglior film straniero, e Siberia Monamour del russo Slava Voss.

Il road movie di Gazvoda colpisceper realismo psicologico e lucidità di narrazione nel costruire il viaggio di tre amici, incapaci di accettare le responsabilità di una generazione, alla disperata ricerca di ricreare lo spirito e la leggerezza della loro adolescenza, con conseguenze non sempre positive. Vie di fuga, ma questa volta dalla desolazione di una terra, le cercano anche i protagonisti di Siberia Monamour, immerso nei paesaggi vasti e sfrenati di una zona desertica della taiga russa, denominato ironicamente proprio Monamour. Qui il piccolo Leshka e il fanatico nonno Ivan vivono di piccola pastorizia, aspettando invano il ritorno del padre del bambino disperso nella guerra cecena. Intanto un gruppo di cani affamati li tiene sotto scacco, confinandoli con il terrore nella loro casupola. Alla già elaborata e più che autosufficiente linea narrativa, si affianca una seconda , fortemente debitrice del filone russo del cernuhka, fatto di violenza esasperata e sanguinaria ironia, che vede un gruppo di militari e ubriaconi incrociare i destini della stramba famigliola. Archetipi familiari, humor nerissimo e violenta redenzione sono ingredienti perfettamente amalgamati dal regista, capace di accostare con maestria vastità paesaggistiche e primi piani psicologici, le difficoltà di una regione ancora drammatica, nonostante gli afflati moderni di città come Khanty-Mansiisk.

Attesi per i prossimi giorni, sempre in gara, Tutti giù dello svizzero Niccolò Castelli, romanzo di formazione su tre giovani ticinesi di Lugano alle prese con le piccole e grandi sfide della crescita; e Vite al centro di Nicola Zambelli e Fabio Ferrero, storia di un’amicizia al femminile che si sviluppa all’interno di un enorme centro commerciale.

Il Fuori concorso ha caratteristiche orgogliosamente regionali e femminili: dopo Sfide in Rosa, documentario ancora in fase di produzione della bresciana Lara Mantovi e di Sara Poli, sulle vita di quattro donne «straordinarie» del territorio bresciano, e la proiezione di L’ultimo pastore di Marco Bonfanti, domenica sarà il turno di Donne di George Cukor, in omaggio a Ermanno Comuzio, e del documentario di Mario Piavoli Con l’aria sotto i piedi. Già presentato in varie serate regionali, il lavoro di Piavoli racconta con lucidità e toccante impegno la protesta dei sei sans papier bresciani che nell’autunno del 2010 scalarono la gru del cantiere della metropolitana di Brescia, a 35 metri d’altezza, per protestare contro il blocco dei permessi di soggiorno.

La retrospettiva balcanica è un’occasione per rivedere opere di autori come Emir Kusturica e Danis Tanovic ma anche nuove leve come Jasmila Zbanic, presente con due film Il segreto di Esma e Il sentiero, e Mila Turajlic, autrice di Cinema Komunisto, appassionato documentario che ricostruisce la storia degli studi cinematografici Avala di Belgrado, soprannominati la «Hollywood dell’Est», dove negli anni ’40 si lavorava alla creazione di un nuove genere, l’epopea partigiana, una sorta di spaghetti eastern che elogiava l’eroica e tragica resistenza jugoslava agli occupanti tedeschi. Il focus sui Balcani si arricchisce anche di una selezione di cortometraggi dalle più importanti scuole d’animazione balcaniche, ( domani a coronamento della cena balcanica), e di concerti performance di artisti di Belgrado come Bojan Mikulic e Misa Popov.