Da presunto paladino dei diritti omosessuali a una figuraccia colossale. In meno di 24 ore. Roberto Mancini è riuscito a eguagliare Maurizio Sarri. E il compito non era agevole. Il giorno successivo alla bufera mediatica abbattutasi su Sarri – solo da biasimare, va ricordato –, che è stato trend topic nei salotti dello sport, politica e costume dalla mattina alla sera, Gazzetta.it ricordava che uno dei giornalisti del quotidiano milanese, Alessio Da Ronch, 15 anni fa subiva la stessa offesa lanciata da Sarri a Mancini, anzi declinata in modo differente («frocio di m…», come scrive nel titolo il giornale sportivo).

“Mancio” all’epoca era tecnico della Fiorentina, non aveva apprezzato che il collega della Rosea avesse spifferato del suo litigio con il calciatore brasiliano Amaral, partito prima dei compagni di squadra per le vacanze invernali e aveva perso le staffe. Esattamente come è accaduto a Sarri nel finale di Napoli-Inter.

La notizia è rimbombata sui siti, in verità non con la stessa veemenza riservata alla rozza uscita dell’allenatore del Napoli (su alcune homepage non c’era neppure la notizia, su altre era di spalla, niente fascione centrale). E ci sono state anche difese d’ufficio di Mancini, come Giuseppe Cruciani, giornalista de La Zanzara – ma anche il direttore di SkySport, Fabio Caressa era dello stesso avviso, il giorno prima -, secondo cui l’esperienza inglese alla guida del Manchester City avrebbe potuto incidere sull’evoluzione della coscienza civile di Mancini. Che, vale ricordarlo, ai tempi della panchina viola era 37enne, nel pallone da un ventennio, non di primo pelo, insomma, per farsi un’idea sull’omosessualità, prima di essere illuminato dai cieli neri di Manchester, divenendo scudiero dei diritti lgtb.

Nel frattempo, arrivava la sentenza del giudice federale Tosel. Due turni di stop per Sarri, da scontare solo in Coppa Italia, con multa da 20 mila euro per l’allenatore azzurro e da cinquemila per Mancini. Si è trattato, si legge nella sentenza, di «insulti pesanti», non di «discriminazione» di carattere sessuale da parte di Sarri verso il collega della panchina nerazzurra. Motivazione? Perché non risulta il coming out di Mancini, non è omosessuale, quindi sono stati utilizzati termini «maldestri» ma senza l’aggravante omofoba.

Una motivazione singolare per una vicenda singolare, con al centro del quadrato personaggi altrettanto singolari. Chi perde? Come al solito, come da troppo tempo a questa parte, il calcio.