Il «vaffanculo» arrivò altissimo. Era indirizzato a noi, che eravamo in piazza per raccontare il secondo V-day, a Torino, il 25 aprile di dieci anni fa. Grillo urla «il manifesto» e piazza San carlo – pienissima – risponde «vaffanculo». A noi come al Sole 24 ore, a Libero, al Foglio, tutti assieme. Tutti uguali.

Era il V-day contro i giornali, il secondo dopo quello dell’8 settembre 2007 a Bologna: a Grillo piaceva scegliere e rovesciare le date legate alla Resistenza. «Siamo noi i veri partigiani», spiegò quel 25 aprile rivolto ai partigiani dell’Anpi che si riunivano in un’altra piazza. È il giorno che ha ricordato ieri Di Maio, quando in diretta facebook si è compiaciuto del «taglio ai fondi all’editoria» mettendolo tra le cose che ha «Fatto» – citazione forse inconsapevole di Berlusconi, che ai suoi tempi non usava i social ma gli spot tv con tanto di timbro.

«Il V2day del 2008 ve lo ricordate? Eravamo in piazza per chiedere l’indipendenza della stampa», ha ricostruito ieri Di Maio, che nei MeetUp era l’ultimo arrivato. Avrebbe ragione, se chiedere l’indipendenza volesse dire mandare a fanculo.

In quella piazza si raccoglievano anche le firme per tre referendum, abolizione dell’ordine dei giornalisti, abolizione della legge Gasparri e abolizione del finanziamento pubblico ai giornali: dieci anni dopo si comincia dall’ultima. Ma erano referendum finti, Grillo sapeva bene che stava raccogliendo le firme fuori dai termini di legge. Infatti le buttò via, dando la colpa ai «costituzionalisti della Corte costituzionale» che non c’entravano niente.

Era il V-day contro i giornalisti, «topi di fogna» per Grillo, sfanculati anche loro. Non tutti, uno – Travaglio, allora all’Unità – venne accolto con gli applausi tra i relatori. E una tv, Al Jazeera, venne salutata da Grillo come «veramente libera».

Sotto un sole quasi estivo, sul palco sfanculante sfilarono diversi protagonisti delle lotte che il manifesto raccontava e racconta ancora ogni giorno: i NoTav, i No Dal Molin (la base Usa nell’aeroporto di Vicenza), c’era anche la vedova di Aldo Bianzino la cui storia, come le altre, secondo il fondatore dei 5 Stelle era stata «censurata da tutti i giornali». Saputo che eravamo del manifesto la signora volle abbracciarci.

Un episodio che ci è tornato in mente oggi, quando chi parla del manifesto come «il mio giornale» sta cercando di chiuderlo.