«Siamo pronti ad accoglierla purché non stia più con l’uomo pericoloso», ha dichiarato il fratello di Menoona Safdar, la 23enne pakistana rientrata in Italia dopo l’interessamento della Farnesina. E ha aggiunto: «Che mio padre volesse farle lasciare gli studi non è vero. È stata lei a voler andare in Pakistan, forse ha conosciuto questo uomo in rete, mio papà le aveva detto che qui poteva avere un futuro migliore. A un certo punto voleva tornare in Italia, mio padre le ha detto che le avrebbe pagato il biglietto, purché non stesse più con quell’uomo».

Una vicenda a lieto fine per la ragazza che aveva frequentato una scuola in provincia di Monza. Di lei sapevamo che era stata costretta dal padre ad abbandonare gli studi e, con l’inganno, era stata portata in Pakistan dove il padre voleva costringerla a sposare un uomo scelto dalla famiglia.

In preda alla disperazione, aveva scritto una lettera alla sua scuola: «Vi prego, aiutatemi, il mio futuro è in Italia, mi hanno preso tutti i documenti e mi hanno lasciata qui. Mio padre mi ha impedito di terminare la quarta superiore, so che una delle professoresse chiedeva che fine avessi fatto, poi mi hanno portata via».

Ancora non sappiamo come sia andata veramente. In ogni caso ci sono ragazze di origine straniera residenti in Italia che non obbediscono ai padri e per questo rischiano la vita. Non dimentichiamo Sanaa Cheema: 25 anni, viveva a Brescia fin da piccola, a sgozzarla il padre e il fratello perché si era innamorata di un italiano e voleva sposarlo.

Trovare soluzioni efficaci è urgente: non possiamo giustificare alcuna violenza di genere sbandierando il multiculturalismo, come qualcuno fece nel caso delle mutilazioni genitali femminili, poi messe fuori legge e punite severamente. Le misure da mettere in atto sono molteplici.

In primis, occorre creare consapevolezza nelle scuole, facendo formazione agli insegnanti e organizzando incontri con gli studenti affinché tutti siano consapevoli dei rischi che corrono allieve provenienti da alcuni paesi. La 23enne di Monza ha scritto alla scuola, segno che quella è stata ed è un punto di riferimento fondamentale nella sua crescita.

Secondo, si dovrebbe formare il personale degli aeroporti come nel Regno Unito: laddove una ragazza teme per il proprio destino, metterà nella biancheria intima un oggetto che, al momento dei controlli, farà suonare il metal detector; il personale femminile della sicurezza interverrà, portando la giovane in un apposito spazio e lì chiederà alla ragazza se sta per imbarcarsi sull’aereo contro la propria volontà.

Terzo, occorre creare case rifugio per le giovani che opteranno per la libertà, con il rischio di non rivedere i familiari per lungo tempo: per alcune una scelta tra la vita e la morte.

Quarto: tenuto conto che i padri prendono la decisione di riportate le figlie in Pakistan per salvare l’onore della famiglia allargata (le ragazze di seconda generazione sono spesso accusate di prendersi troppe libertà), sarebbe opportuno individuare misure che incidano sul patrimonio delle persone che concorrono nel rinchiuderle in casa, privarle dei documenti e darle in sposa al migliore offerente. In politica internazionale si chiama deterrenza: quando si tocca il portafogli, in genere funziona.

Detto questo, gli immigrati arrivano in Italia con il loro bagaglio di tradizioni. Le prime generazioni lavorano, si sposano, fanno figli e invecchiano, ma il loro bagaglio resta cristallizzato. A crescere in modo diverso sono i figli, che a scuola e dai media fanno propri diritti che in Italia diamo per scontato.

Intanto, nel paese d’origine le cose cambiano anche per le donne. Due anni fa, agli European Development Days di Bruxelles conobbi la pakistana Ayesha Durrani. Venticinque anni, aveva dato avvio a un programma per diffondere la contraccezione nello slum Dhok Hassu a Rawalpindi, nel nord: aveva assoldato altre donne dando loro contraccettivi, assorbenti intimi, medicinali da banco. Così, queste donne guadagnano 50 euro al mese (metà fisso e metà provvigioni) laddove la media nazionale è di 21.

Molteplici i risultati: si favorisce il controllo delle nascite e si permette alle donne di avere un reddito e di muoversi nello slum. Con il consenso degli ulema, i dotti dell’Islam.

Una precisazione sullo ius soli. Nel caso in cui queste ragazze pakistane avessero acquisito la cittadinanza italiana, la loro situazione non sarebbe migliore: il diritto internazionale non prevede che un paese possa tutelare un proprio cittadino con doppia nazionalità se si trova nell’altro Stato.