Prima di diventare parte della storia eversiva della Repubblica la vicenda della Loggia massonica segreta Propaganda 2 (P2), ufficialmente guidata dall’ex repubblichino Licio Gelli, è stata cronaca e vissuto quotidiano di una «democrazia difficile». A quarant’anni dalla «scoperta» della P2 Sandra Bonsanti e Stefania Limiti ne I colpevoli. Gelli, Andreotti e la P2 visti da vicino (Chiarelettere, pp. 256, euro 16) uniscono queste due dimensioni temporali coniugandone i caratteri tramite la connessione tra passato e presente ovvero tra l’esperienza personale-professionale dell’epoca e l’elaborazione storico-memoriale di oggi: «Purtroppo – scrive Bonsanti – le cose non si capiscono, non si riconoscono, nel momento in cui accadono, ma tempo dopo». È da questa considerazione che muovono l’origine e la natura del lavoro delle due giornaliste.

Il libro raccoglie e sistematizza note, appunti e ricordi fissati nei quaderni e nelle agende di Sandra Bonsanti al tempo dello scandalo P2, era il 1981, cioè l’emersione pubblica di quel peculiare fenomeno identitariamente composto tanto da un profilo politico-istituzionale (vi erano iscritti tutti i vertici dei servizi segreti, e poi generali, ministri, deputati, industriali, imprenditori, banchieri, giornalisti, alti funzionari e burocrati di Stato), quanto da un carattere propriamente eversivo della Costituzione repubblicana (dalla partecipazione al Golpe Borghese fino al «Piano di Rinascita democratica» giungendo al depistaggio sulla strage di Bologna).

ATTRAVERSO LA FORMA agile di un colloquio a due, Bonsanti e Limiti passano in rassegna grandi questioni dell’Italia contemporanea: dal costante progetto della Repubblica presidenziale, alla base del disegno piduista, fino alla traiettoria criminal-finanziaria di Michele Sindona; dal controllo del Corriere della Sera al ruolo del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi negli assetti di potere dell’Italia del tempo che interessarono tanto la politica quanto la grande industria e la banca del Vaticano, lo Ior. Le riflessioni delle autrici prendono le mosse dall’osservazione di due figure pubbliche, associate dall’appartenenza partitica ma divise dalle traiettorie politiche: Giulio Andreotti e Tina Anselmi.

ALL’INTERNO di questa scelta si delinea quell’immagine di Giano bifronte, la Democrazia Cristiana, attorno a cui si sviluppa gran parte della traiettoria storica del primo quarantennio dell’Italia repubblicana. Il rapporto Andreotti-Gelli che Craxi rappresentò, in un celebre ed allusivo articolo del maggio 1981, come la relazione tra Belzebù e Belfagor diviene in questo modo espressione e pietra angolare di un esercizio spurio del potere politico ed economico che in un continuo rimando tra l’alto ed il basso, ovvero tra la ribalta dei vertici istituzionali e l’ombra delle attività segrete della massoneria piduista, manifesta alcune delle principali anomalie della «democrazia difficile» dell’Italia degli anni della Guerra Fredda.

Così l’incontro con Licio Gelli a Willa Wanda nell’aprile 1988 raccontato da Bonsanti fornisce l’immagine (anche visiva per il tramite di una fotografia conservata dalla giornalista nel suo archivio personale) di lento e guardingo ingresso dentro un covo in penombra in cui «nel 1973 si riunirono – dice Gelli – i quattro generali dei carabinieri e il procuratore di Roma Carmelo Spagnuolo, che avrebbero dovuto guidare il governo dei militari, dopo il golpe». Il nesso tra quelle vicende ed il presente è ancora stretto «la storia della P2 – scrive Limiti – parla ancora molto dell’Italia di oggi» e sarebbe «un errore micidiale archiviarla come uno spiacevole incidente di percorso».

SUL LATO OPPOSTO, anche grazie all’amicizia stretta con Bonsanti, la figura di Tina Anselmi (staffetta partigiana, prima ministra donna e presidente della Commissione d’inchiesta sulla P2) viene descritta come la «strada altra» su cui si sarebbe potuto incamminare il Paese in quel crinale della storia, scegliendo uno sviluppo compiuto per quella democrazia italiana che «già vecchia per essere ricordata – scrisse il senatore repubblicano Giovanni Ferrara – è ancora troppo giovane per essere forte».