In tempi di «dimostrazioni di forza» missilistiche, nella giornata di ieri le batterie di razzi nordcoreani si sono limitate a sfilare attraverso viali di Pyongyang addobbati a festa, nella tradizionale parata militare che ogni anno, il 15 aprile, segna l’anniversario della nascita del padre della patria Kim Il-sung.

NESSUN TEST, né nucleare né balistico, ma migliaia di nordcoreani a spellarsi le mani di fronte a un arsenale militare mostrato con orgoglio alla comunità internazionale, con molti giornalisti stranieri invitati dal regime per coprire il grande evento. In cielo, i caccia volano formando il numero 105, gli anni passati dalla nascita dell’«Eterno presidente»; sul palco di Kim Il-sung square, Kim Jong-un in completo nero sorride e applaude circondato dalle più alte cariche militari del paese, nonostante brilli l’assenza di delegati cinesi.

È la «Giornata del Sole» e non ci sono «Mother of all bombs» che tengano, la Corea del Nord non ha paura.

Le riprese della parata sono già state passate al setaccio da frotte di analisti internazionali, a caccia di indizi sull’avanzamento del programma missilistico nordcoreano: per la comunità internazionale, una minaccia concreta e prova dello status di «canaglia» affibbiato allo stato asiatico; per Pyongyang, l’unico deterrente in grado di scongiurare una fine del regime simile a Libia e Siria, rase al suolo poiché sprovviste di minaccia atomica.

LE PRIME ANALISI PUBBLICATE dalla stampa internazionale rilevano la presenza, lungo la parata, di un nuovo missile balistico intercontinentale (Icbm), diversi missili intercontinentali Kn-08 e Kn-14 e missili intercontinentali lanciati da sottomarino (Slbm) Pukkuksong. Joshua Pollack del Nonproliferation Review ha dichiarato al Guardian: «Molti Slbm stanno a significare una dichiarazione di intenti circa l’avanzamento del programma».

Nonostante nessuno di questi missili sia mai stato testato, alcuni analisti ritengono che entro quattro anni – cioè, teoricamente, durante la presidenza Trump – la Corea del Nord possa essere in grado di effettuare lanci fino a 1000 km di distanza, concretizzando quella «minaccia nucleare» che, dagli anni Ottanta, ha periodicamente messo Pyongyang al centro delle preoccupazioni della comunità internazionale. 1000 km di gittata significa mettere nel mirino tutti gli Stati Uniti, minaccia sufficiente ad attirare le attenzioni provocatorie dell’amministrazione Trump, sotto questo aspetto in piena continuità col Pivot to Asia di Barack Obama.

IL SISTEMA ANTIMISSILISTICO Thaad, in fase di installazione dallo scorso mese di marzo nella parte meridionale della Corea del Sud, è uno dei lasciti di Obama raccolti entusiasticamente da Donald Trump, deciso a renderlo operativo nel più breve tempo possibile in accordo con l’esercito di Seul e «per la sicurezza dei sudcoreani».

UN PIANO che Pechino contesta con veemenza dal 2008 e che ancora, due giorni fa, ha denunciato come una provocazione statunitense non solo nei confronti della Corea del Nord, ma dell’intera regione. «Il Thaad non contribuirà alla denuclearizzazione della Corea del Nord, né alla pace e alla stabilità della penisola» ha dichiarato in una conferenza stampa il portavoce del ministero degli esteri cinese Geng Shuang, riaffermando l’opposizione a un sistema antimissile dotato di radar capaci di sondare movimenti ben oltre le acque del Mar di Giappone, all’interno dei confini della Repubblica popolare cinese. Sempre nella tarda serata di venerdì, il ministro degli esteri cinese Wang Yi ha avuto un colloquio telefonico col proprio omologo russo Sergei Lavrov, di fatto arruolando la Russia nell’opera di mediazione in cui la Cina è già impegnata da giorni. Secondo Afp, i due ministri avrebbero confermato che per Russia e Cina l’obiettivo ultimo rimane «riportare tutte le parti a un tavolo negoziale».

CON L’«ARMADA» DI TRUMP in acque coreane e il sospetto continuo di un test militare nordcoreano capace di far degenerare una situazione già tesissima, il vicepresidente Usa Mike Pence inizia oggi la propria visita in Corea del Sud, a tre settimane dalle elezioni presidenziali di Seul fissate per il 9 maggio.