Ieri un bombardiere russo Sukhoi Su-24 è stato abbattuto da due F-16 dell’aviazione turca. Secondo le autorità di Ankara, il velivolo avrebbe sorvolato per cinque minuti la provincia di Hatay in Turchia. Per il ministero della Difesa russo, il jet si trovava nella provincia siriana di Latakya e non ha mai valicato i confini turchi. Si è trattato di un «atto ostile», ha aggiunto.

«Una pugnalata alle spalle dei complici del terrorismo», è stata la prima reazione del presidente russo. Vladimir Putin, in visita in Giordania dopo l’incontro con Ali Khamenei a Tehran, ha promesso «serie ripercussioni». Il via all’abbattimento del jet non sarebbe arrivato dall’esercito turco ma direttamente dal premier Ahmet Davutoglu, informato della violazione dello spazio aereo dal capo di Stato maggiore, Hulusi Akar, dopo aver inviato dieci avvertimenti in cinque minuti ai due piloti. I militari russi si sono paracadutati dopo l’attacco. Sarebbero morti entrambi per mano dei ribelli turcomanni attivi in Rojava. L’uccisione dei piloti è stata confermata da Alpaslan Celik, vice comandante della Seconda divisione dei ribelli turcomanni. I combattenti turcomanni avevano avviato un’offensiva proprio lo scorso lunedì contro le forze filo-governative, sostenute dalla Russia, per il controllo della montagna Burc Kasap, centro strategico per mettere in sicurezza la regione di Bayirbucak, nel cantone di Efrine.

Questo è uno dei tre cantoni che formano Rojava e si trova proprio al confine con la provincia di Hatay e non lontano dal Mediterraneo. La Croce rossa turca aveva assicurato che avrebbe fornito assistenza ai turcomanni siriani, colpiti o costretti alla fuga dal regime di al-Assad e dagli attacchi russi. Proprio la scorsa domenica, Ankara aveva inviato una lettera ufficiale al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e al segretario generale, Ban Ki-moon, per condannare i raid aerei di Mosca al confine tra Turchia e Siria. Il governo turco ha convocato gli ambasciatori di Stati uniti, Russia, Francia, Regno Unito e Cina per chiarimenti.

Se la Nato ha chiesto un consiglio atlantico straordinario, il ministro degli Esteri russo, Serghei Lavrov, ha cancellato la sua visita a Istanbul in seguito agli eventi. L’Alleanza atlantica aveva dato il suo via libera al piano turco di imposizione di una safe-zone in territorio siriano, a cui avevano fatto seguito le richieste di Ankara di costruire un muro anti-profughi nel cantone di Efrine e di inviare 10mila soldati in Rojava. In cambio le autorità turche avevano concesso alla coalizione internazionale anti-Is le basi di Incirlik pur continuando ad attaccare il partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) e a favorire Is in Siria. Anche il presidente degli Stati uniti, Barack Obama, ha difeso Erdogan sostenendo che «la Turchia ha il diritto di difendere il proprio spazio aereo».

A conferma dell’alta tensione tra Ankara e Mosca, la nave da guerra russa Yamal ha attraversato lo stretto dei Dardanelli, pochi minuti dopo l’abbattimento del jet. Secondo Putin, l’Su-24 era impegnato in azioni contro il gruppo ceceno, Ajnad al-Kavlaz (soldati del Caucaso), formazione guidata dal militante originario di Grozny, Lhamzat Azhiyev (detto Abdul Hakim Shishani), che ha combattuto a fianco dei jihadisti di al-Nusra.

Si tratta del quarto episodio di sconfinamento di velivoli russi dall’avvio dei raid di Mosca in Siria. Era già successo per ben due volte lo scorso ottobre, quando Ankara aveva richiamato l’ambasciatore russo in Turchia, e una terza volta con l’abbattimento di un drone russo che sorvolava i cieli turchi. La guerra dei nervi sul confine turco-siriano non è cosa nuova. Lo scorso anno, l’aviazione turca ha abbattuto un Mig-23 siriano; nel 2012, missili siriani hanno abbattuto un Phantom turco che sorvolava le coste del Mediterraneo. In quelle occasioni, anche il sistema missilistico siriano, che sembrava annullato dalla guerriglia di terra dei combattenti kurdi, aveva dato segni di vita. Gli F-16 turchi che hanno libertà di sorvolo di Rojava, a differenza dell’aviazione russa, sono stati più volte intercettati nelle ultime settimane dall’aviazione di al-Assad.

Nonostante la grave crisi politica tra Turchia e Russia, ieri ha giurato il nuovo esecutivo turco dopo la vittoria elettorale di Erdogan dello scorso primo novembre. Il governo è in continuità con l’esecutivo elettorale varato alla vigilia del voto, con un rafforzamento dei fedelissimi di Erdogan, incluso suo genero Berat Albayrak, nuovo ministro dell’Energia. La tensione è alle stesse dopo il voto: sono 27 le vittime nel Kurdistan turco in scontri tra polizia e kurdi, in molte città vige il coprifuoco ormai da giorni. Lo scorso lunedì anche il leader del partito democratico dei Popoli (Hdp), Salahettin Demirtas, è scampato a un attentato.