Putin piccolo hooligan della periferia di Leningrado, Putin studente universitario, Putin nella divisa di agente del Kgb. Scorrono sullo schermo, le foto del futuro presidente russo, figlio di un operaio e di una portinaia.

Figlio legittimo dell’Unione Sovietica ma anche capo indiscusso della rinascente potenza capitalista euroasiatica. Inizia così il film-intervista di Oliver Stone, premio Oscar per film come Platoon e Nato il 4 luglio, andato in onda questa settimana sul canale Showtime.

12 incontri con Putin, centinaia di ore di registrazione, una sorta di mega-spot della Russia del XXI secolo costruito con sapienza dal regista newyorkese, che ha il pregio di non nascondere neppure per un momento l’empatia tra intervistato e intervistatore. Anche se le domande scabrose che qualunque cittadino occidentale vorrebbero fare al presidente russo ci sono tutte.

Putin ripete ancora una volta, a inizio intervista, che la Russia non ha cercato di condizionare le elezioni americane anche se ha riconosciuto che «certamente abbiamo simpatizzato per il signor Trump e simpatizziamo per lui ancora oggi, perché ha dichiarato pubblicamente di voler ricostruire i rapporti tra Usa e Russia» ma ammette che «da noi in Russia e dappertutto – e gli Usa non fanno eccezione – esiste una forte burocrazia che di fatto governa il mondo».

Il leader del Cremlino del resto è convinto che sia stata la burocrazia statale americana a impedire che tra Russia e Usa si giungesse a un accordo sulla Siria. «Ci eravamo accordati con Obama… al punto di pensare ad azioni militari comuni… siamo arrivati vicinissimi a un accordo… ma poi per motivi politici sconosciuti hanno preferito rifiutare», ha rivelato Putin.

Il presidente russo ha voluto anche sottolineare che il tentativo occidentale di mettere in ginocchio il suo paese attraverso le sanzioni si è dimostrato un boomerang: «Dobbiamo ringraziare i nostri partner occidentali per le sanzioni. Queste non hanno fatto che accelerare la collaborazione già in corso con la Cina. Stiamo ora progettando insieme un’autostrada transiberiana, una ferrovia sul Baikal e collaboriamo con entusiasmo al progetto della “via della Seta”».

Il regista americano ha quindi incalzato il leader russo sulla crisi in Ucraina. «Cosa è successo dopo che l’Ucraina ha chiesto l’associazione all’Unione europea? – si è chiesto Putin – Sono state azzerate le tariffe doganali, ma le esportazioni ucraine verso l’Unione si sono ridotte del 23% e quelle verso la Russia del 50%. Non ci saranno più visti per i cittadini ucraini che vogliono andare nel Vecchio Continente, ma non hanno detto che ciò non significa per gli ucraini libero accesso al lavoro in Europa. Hanno imbrogliato ancora una volta la loro gente».

E sul Donbass Vladimir Putin ha invitato alla ragionevolezza: «Conflitti come quello del Donbass non possono essere risolti con le armi. Sono necessarie trattative dirette. E quanto prima i nostri amici di Kiev lo capiranno e tanto meglio sarà. L’Europa e gli Usa devono aiutare il governo di Kiev a intendere la realtà».

Un ampio capitolo dell’intervista di Stone è stata dedicata alle complesse vicende della storia sovietica. E in primo luogo al fenomeno staliniano.

Putin ha ricordato che Stalin «fu un prodotto della sua epoca su cui ci sono diversi punti di vista che vanno dalla demonizzazione fino al riconoscimento dei suoi successi contro il nazismo».

Il leader del Cremlino però crede che l’eccessiva demonizzazione di Stalin sia uno dei modi per attaccare l’Unione Sovietica e la Russia.

«Qualcuno che ha nostalgia di Stalin ci sarà pure, ma questo non significa che dimentichiamo gli orrori dello stalinismo associati ai campi di concentramento e allo sterminio di milioni di suoi connazionali» ha affermato, dichiarandosi però convinto che «la Russia ormai sia cambiata completamente» e debba guardare al futuro.

Poi il presidente russo ha voluto esprimere una valutazione sulla perestrojka gorbacioviana: «Oggi posso dire con certezza che non compresero quali cambiamenti fossero necessari e su come andassero raggiunti. Il merito di Gorbaciov fu quello di percepirne la necessità, ma il problema è che tale tentativo fu infelice».

Un duro giudizio per il leader riformatore, risparmiato invece, non a caso, a Eltsin suo padrino nell’ascesa al Cremlino.

«Ma esiste ancora una oligarchia al potere in Russia?», ha infine chiesto Oliver Stone. «Quando arrivai a Mosca da San Pietroburgo fui impressionato da quanti lestofanti si erano concentrati nella capitale… Era gente che non conosceva alcun limite…» ha ricordato Putin.

«Che cosa è una oligarchia? È una fusione di potere e denaro… Il mio compito è stato quello di separarli. Ora, sinceramente, non vedo più questo problema» ha concluso. Un’affermazione perentoria, che avrà fatto sorridere amaramente molti russi.