Il «Russiagate» non fa certo perdere il sonno dei russi. La primavera a Mosca resta incerta e non solo per il meteo: in primo luogo perché l’ipotesi di un conflitto armato con Kiev diventa sempre concreto (oggi la Rada ha dato il via libero a un decreto con cui si chiede all’esercito di «reintegrare il Donbass nei confini ucraini») ma soprattutto perché il rublo resta debole e compromette le ferie dei russi.

PUTIN, dopo aver affermato nelle recenti uscite la completa estraneità del Cremlino a quella che somiglia sempre di più a una «spy-story postsovietica», ora si trincera dietro la non-ingerenza negli affari di altri paesi. Ieri, partecipando alla TV a un «botta e risposta» con i cittadini ha «preferito non rispondere» a domande sul «Russiagate» e ha affermato «di non guardare agli Usa come a un nemico ma come a un potenziale partner».

A Mosca, dopo essersi scottati con la normalizzazione delle relazioni promessa da Trump in campagna elettorale, si tiene un basso profilo. Si cerca di capire quali siano i contorni della vicenda e quali frazioni repubblicane si stiano scontrando a Washington. Del resto Putin, malgrado ripeta in ogni occasione il mantra dell’inefficacia delle sanzioni anti-russe, è assai preoccupato che il Congresso americano decida in queste ore il loro ulteriore indurimento.

DI FRONTE A TALI CHIARI DI LUNA, al ministero degli esteri si è tirato un sospiro di sollievo nel leggere il pronunciamento del segretario di Stato americano Rex Tillerson, secondo il quale nuove sanzioni «non rispondono né agli interessi americani, né alla stabilizzazione internazionale». Al Cremlino, afferma l’autorevole giornale della confindustria russa Kommersant, dubitano che si giungerà all’impeachment. Si riterrebbe invece che «l’intenzione delle correnti che si oppongono a Trump intenderebbero metterlo sotto tutela» riconducendo il tycoon a una standard politico più consono alle «tradizioni consolidate della politica americana».

Più facile forse a dirsi che a farsi. Secondo la Nezavisimaja Gazeta, per esempio, l’incontro tra Trump e il presidente ucraino Poroshenko, annunciato come imminente, potrebbe sancire un più deciso intervento contro il Donbass. Ciò permetterebbe a Trump – scrive il quotidiano moscovita – «di sganciarsi dall’immagine fastidiosa e di uomo di Mosca».