«Alexander Grigorievich (Lukashenko n.d.r.) mi ha chiesto di formare una certa riserva di agenti delle forze dell’ordine e l’ho fatto. Ma abbiamo anche convenuto che non verrà utilizzata fino a quando la situazione non sarà fuori controllo o quando – voglio sottolinearlo – elementi estremisti che si nascondono dietro slogan politici, non varcheranno certi confini e inizieranno a distruggere, inizieranno ad appiccare il fuoco ad automobili, case, banche, tenteranno anche di sequestrare edifici amministrativi e così via».

CON QUESTA RIVELAZIONE Vladimir Putin, all’interno di una intervista al canale Rossiya 24, ha annunciato il suo endorsment definitivo a Lukashenko. Una presa di posizione alquanto netta – fino ad oggi nel paese non si è visto quell’«estremismo» da lui paventato – che prevede un intervento diretto russo anche in mancanza di un’aggressione esterna da parte della Nato.

Un approccio che ricorda quello «degli aiuti fraterni sovietici» a Budapest nel ’56 e a Praga nel ’68 che si conclusero in bagni di sangue. Secondo Putin «le forze dell’ordine bielorusse si stanno comportando in modo abbastanza moderato» e senza mezzi termini ha invitato i paesi occidentali a guardare in casa propria facendo riferimento alla situazione dell’ordine pubblico in Francia e negli Usa. Putin ha invitato anche al dialogo Lukashenko non tanto con le forze del «comitato di coordinamento» che considera manipolate dai paesi della Ue ma direttamente con la «società civile»: «spero che tutti i problemi, e certamente esistono, altrimenti la gente non scendeva in piazza, è assolutamente ovvio che si risolveranno nel quadro del campo costituzionale, nel quadro della legge e con mezzi pacifici» ha sostenuto il capo del Cremlino.

Un invito al confronto rilanciato ieri con poca credibilità anche da Lukashenko (ma solo con le «forze moderate») che appare però ormai superato dagli eventi: il Cremlino sembra voler giocare la partita a fianco del conducator bielorusso fino in fondo convinto che anche dietro il caso Navalny (a cui Putin non ha fatto il seppur minimo accenno nell’intervista) ci sia la volontà dell’Occidente non solo di portare nel suo campo Minsk ma anche destabilizzare la stessa Federazione.

UN DECISO SCHIERAMENTO, quello di Putin a fianco del governo bielorusso, confermato anche dalla bizzarra interpretazione del caso dei 33 contractors russi arrestati dal Kgb bielorusso prima delle elezioni. Secondo Putin si sarebbe trattata di un’operazione congiunta dei servizi di Ucraina e Usa che avrebbero usato dei foreign fighters russi introducendoli nel territorio della Bielorussia per mettere in piedi una provocazione post-elettorale. «Dovevano, come gli era stato detto, andare in paesi terzi – in America Latina o in Medio Oriente – per un lavoro assolutamente legale. Sono stati invece trascinati nel territorio bielorusso in vista di diventare una forza d’urto per influenzarne la campagna elettorale. Sono stati semplicemente attirati là oltre confine» ha sostenuto il presidente russo.

IN TAL CASO bisognerebbe credere all’assoluta ingenuità di professionisti che da anni combattono sui più diversi e complicati scenari – dal Donbass alla Libia – e chiedersi anche come mai la procura russa non abbia aperto un’inchiesta. In realtà siamo di fronte all’inizio di una nuova fase della guerra fredda 2.0 di cui è difficile per ora distinguere con nettezza i contorni.

LA SITUAZIONE sta diventando particolarmente tesa tra il governo polacco – diventata la punta avanzata dello schieramento Ue – e quello bielorusso.
Ieri Lukashenko ha accusato Varsavia di volersi di annettere la regione di confine di Grodno e di condurre una «guerra ibrida» contro il suo paese. Il premier polacco Mateusz Morawiecki, da parte sua, ha rintuzzato subito le dichiarazioni di Putin su un possibile intervento diretto russo nella crisi di Minsk e ha in serbo delle mosse per mettere in difficoltà Lukashenko.

IERI AL CONFINE sono stati bloccati dei tir di Solidarnsoc con «aiuti umanitari» ma presto nelle mani dell’opposizione – sempre via Varsavia – potrebbero arrivare i 65 milioni stanziati dalla Ue per il «popolo bielorusso».

Ma la mossa più densa di possibili ricadute è quella che sta valutando in queste ore il governo polacco: permettere l’entrata dei bielorussi sul proprio territorio senza visto. E ciò potrebbe condurre ben presto – visto le differenze di reddito tra i due paesi – a una vera e propria fuga dal paese slavo verso il sogno occidentale.