Il difficile momento per Putin in politica estera non sembra voler finire. Dopo i movimenti democratici in Bielorussia e la guerra nel Nagorno-Karabakh, è arrivata anche la tegola delle presidenziali moldave ad accrescere i mal di testa del Cremlino.

Nel secondo turno delle presidenziali la candidata pro-Ue e di centrodestra Maia Sadu ha agevolmente battuto, con il 57,7% dei voti, il presidente in carica del partito socialista e filo-russo Igor Dodon.

Sandu ha anche ottenuto la preferenza della maggioranza delle migrante moldave che in buona parte lavorano come badanti in Italia e anelano a una maggiore integrazione del paese con l’Europa.

Dodon ha tentato inutilmente di convincere gli elettori che la vittoria di Sandu sarebbe stata una tragedia per la Moldavia con l’ulteriore allentamento delle esportazioni di verdure e prodotti vinicoli verso la Russia e l’introduzione di una troppo rigorosa quarantena anti-Covid.

La Moldavia da tempo è un paese in default. Senza un proprio sistema finanziario distrutto dalla corruzione e dalle ondate neoliberiste degli anni 2000 seguite alla sua associazione alla Ue e con un terzo della popolazione attiva emigrata permanentemente all’estero, sopravvive da anni grazie alle rimesse dei migranti.

Dal punto di vista geopolitico però rimane una piccola pedina nella nuova guerra fredda tra Russia e Occidente, tenendo conto anche che dal 1992 sopravvive alla sua frontiera orientale la repubblica filo-russa autoproclamata della Transnistria (il solo paese al mondo con falce e martello nel suo simbolo).

48 anni, la nuova presidentessa ha studiato alla John F. Kennedy School of Public Administration all’Università di Harvard, è thatcheriana e ha come punto di riferimento nell’Unione europea i paesi del gruppo di Visengrad. Per questo ha proposto che il 23 agosto – il giorno del patto Hitler-Stalin e dell’annessione della Moldavia all’Urss – diventi festa nazionale «contro il totalitarismo».

Tuttavia in questa campagna elettorale ha mostrato di voler tenere in conto anche la minoranza russa, promettendo che non limiterà l’uso del cirillico e non chiuderà le scuole russe.

Il capo consiglio della Federazione russa, Konstantin Kosachev ha espresso «rammarico» per il risultato. Secondo il politico russo, «la Moldavia è un paese agricolo e i villaggi hanno votato per Dodon e se Sadu vorrà introdurre delle politiche che andranno contro gli interessi delle campagne credo potrebbe incontrare una resistenza che potrebbe rivelarsi piuttosto dura».

Per Dodon la partita di ritorno potrebbero essere ora le elezioni legislative dove però i filo-occidentali sembrano essere, secondo i sondaggi, in vantaggio.