Era nell’aria già da tempo l’imminente ritiro russo dall’Inf, il trattato sulle forze nucleari a medio raggio in vigore dal 1987. L’accordo, siglato da Ronald Reagan e Michail Gorbačëv, imponeva alle due super potenze la messa al bando totale di tutte quelle armi nucleari aventi una gittata compresa tra i 500 e i 5.500 chilometri.

L’intesa, raggiunta tra Washington e Mosca in quel lontano dicembre dell’87, segnò per sempre la storia, accelerando di fatto quel processo di distensione e riavvicinamento tra i due colossi. Oggi però, dopo ben 32 anni, è stata posta la pietra tombale su quell’accordo. Vladimir Putin ha infatti firmato ieri il provvedimento per la sospensione immediata di tutti vincoli imposti dall’Inf. Una decisione, che il premier russo aveva già annunciato lo scorso febbraio, dopo che Donald Trump aveva ritirato gli Stati Uniti dall’intesa.

All’origine del dietrofront americano ci sono i nuovissimi 9M729 russi. Secondo Washington, questi missili rappresenterebbero una grave violazione all’accordo Inf, in quanto presumibilmente capaci di raggiungere obiettivi posti a 5.500 km di distanza. Tesi confermata a più riprese anche dai vertici dell’Alleanza Atlantica. Mosca però ha sempre rigettato ogni accusa.

I missili 9M729 – secondo il Cremlino – sono in linea con quanto sancito nell’accordo Inf, in quanto posseggono un raggio d’azione massimo di 480 km. Difficile stabilire se le illazioni statunitensi e della Nato siano fondate. Ad ogni modo, la fine del trattato Inf potrebbe aprire la strada ad una nuova corsa agli armamenti atomici come non si vedeva dai tempi della Guerra Fredda.