Il vertice tra Putin e Trump nella cornice del G20 argentino alla fine si dovrebbe tenere. È vero che ieri in una intervista al Washington Post il presidente americano ha fatto i capricci affermando di non sapere se parteciperà all’incontro dopo quanto successo sul mar Nero, ma John Bolton, l’incaricato per i rapporti con la Russia, ha assicurato che «l’incontro si terrà sicuramente». Anzi il capo del protocollo del Cremlino Yurii Ushakov ne ha svelato i particolari. Il primo dicembre Putin dovrebbe fare colazione con Angela Merkel per poi affrontare Trump; prevista una chiacchierata tête-à-tête e poi l’allargamento al resto delle delegazioni. Sul piatto gli accordi per i missili a corto e medio raggio che gli Usa hanno deciso di denunciare, ma inevitabilmente si parlerà anche di Ucraina.

IERI FINALMENTE Putin ha preso la parola sulla crisi russo-ucraina. Subito ha voluto chiarire alcuni aspetti su quanto accaduto domenica. «Nel settembre di quest’anno un gruppo di navi militari ucraine era passato lungo lo stretto di Kerch ma allora avevano pienamente rispettato gli accordi e le richieste delle guardie di frontiera russe, mentre invece domenica le navi ucraine non hanno risposto alle richieste del servizio di frontiera», ha sostenuto il capo delle Cremlino, secondo cui le navi ucraine sarebbero «entrate in acque che erano russe anche prima che la Crimea si unisse alla Federazione russa».

PUTIN ha riconfermato la tesi russa secondo cui quanto successo è da leggere in chiave elezioni a Kiev. «Si tratta di una provocazione orchestrata dal governo ucraino – ha detto – alla vigilia delle elezioni presidenziali di marzo. L’attuale presidente rischia di non andare al secondo turno e quindi pensa di esacerbare la situazione creando ostacoli per i candidati dall’opposizione». Ha ricordato inoltre che negli anni scorsi «l’Ucraina aveva motivi più seri per imporre la legge marziale nel paese, quando nel 2014 la Crimea decise di unirsi alla Russia, o più tardi, quando il conflitto scoppiò nel Donbass: c’era una guerra ma nessuna legge marziale fu introdotta», ha aggiunto. Il presidente russo ha anche ripreso l’ aneddotica anti-comunista della guerra fredda: «Se oggi qualcuno chiede al governo ucraino di avere bambini per colazione, allora saranno serviti bambini» ha scherzato «ma presto saranno gli ucraini a giudicare nelle urne tutto ciò».

MANCANO 4 mesi alle presidenziali in Ucraina ma la battaglia elettorale già infuria. La favoritissima resta Yulya Timoshenko che distanzia nei sondaggi di 15 punti il presidente in carica. «La vittoria di Tymoshenko potrebbe essere vantaggiosa per il Cremlino» afferma Alexander Koljandr, analista di Credit Suisse per paesi orientali. La campagna di Tymoshenko si basa sulla promessa di abbassare i prezzi del gas per le famiglie, il cui aumento è stato parte dell’accordo dell’Ucraina con il Fmi. Per la candidata è inaccettabile l’occupazione della Crimea e del Donbass, ma per Koljandr «la sua vittoria può dare a Mosca l’opportunità di salvare la faccia e di uscire dal conflitto, concordando una missione di pace sotto l’egida dell’Onu con un mandato limitato».

DA PARTE SUA Poroshenko continua a soffiare sul fuoco. Ieri ha sostenuto che «una guerra generalizzata con la Russia è all’ordine del giorno» e ha promesso un aumento dello stipendio minimo ai militari «a 10.000 grivne» (pari a 330 euro), una mancia elettorale misera anche per gli standard ucraini visto che il governo ha appena incassato 3 miliardi di dollari da Ue e Fmi. E da Maryupol città vicino al confine con le «repubbliche ribelli» arrivano notizie inquietanti. Per l’agenzia ucraina 112.ua la popolazione temendo la ripresa del conflitto ha dato l’assalto ai supermercati approvvigionandosi di beni di prima necessità: sale e fiammiferi risultano già introvabili.

RIPRESO INFINE a Mosca il triste gioco delle telefonate che annunciano bombe nei centri commerciali: ieri sono state evacuate 350.000 persone. Lo scorso anno si scoprì che le telefonate provenivano da sim card ucraine e ora gli inquirenti sono pronti a scommettere sull’ipotesi di una replica di quanto già visto.