C’è chi all’interno dello staff di Putin sta pensando a una vera e propria «cinesizzazione» del web russo. «L’unico modo per garantire la sicurezza delle informazioni in Russia è limitare Internet, come in Cina» ha affermato recentemente il consigliere presidenziale sullo sviluppo di Internet e uno dei principali consiglieri di Putin, Herman Klimenko, durante una sua conferenza intitolata «Information Security of Russia». Klimenko ha poi voluto sottolineare «che limitare internet facilita il lavoro di chi deve garantire la sicurezza» e «la soluzione cinese è solo una delle possibilità». Una presa di posizione che ha provocato molte reazioni e ha fatto sentire la necessità di precisare a Dmitry Peskov, portavoce ufficiale del Cremlino, che «il dibattito su questa questione è ancora tutto da fare». Ma il pericolo che si vada a una pericolosa stretta sul web russo è tutt’altro remota.

Martedì scorso il governo russo ha bloccato il sistema di messaggistica Telegram creato nel 2013 dai fratelli Nikolai e Pavel Durov con oltre 15 milioni di utenti. I Durov sono fondatori anche di Vkontakte, un social network che in Russia conta più iscritti di Facebook. Il motivo? L’azienda si è rifiutata di consegnare al FSB le chiavi di accesso per decrittare i messaggi degli utenti. Ma la faccenda è lungi dall’essere chiusa. Telegram infatti ha invitato i suoi utenti ad aggirare il divieto con l’uso di vpn. Da parte sua il governo russo ha invitato Google e Amazon a non fornire «per solidarietà» cloud di appoggio a Telegram, pena la loro estromissione dal mercato russo. «Google e Amazon decidano se vogliono lavorare in Russia» ha minacciato il capo del Comitato per la supervisione delle comunicazioni, Alexander Zharov in una intervista alla Izvestya. «Ci aspettiamo che sia Amazon sia Google, ragionino in termini di business e non di politica» ha chiosato Zharov.

Un avvertimento ancora più esplicito da parte del Cremlino è arrivato al leader mondiale dei social network, Facebook. «Entro la fine del 2018 ci sono diversi punti che devono essere chiariti: il database di localizzazione dei cittadini russi sul territorio russo, la rimozione di tutte le informazioni vietate. Se non si giungerà al rispetto delle leggi russe procederemo con il blocco» ha confermato Zharov. Difficilmente Zuckerberg accetterà di fornire le chiavi di accesso al FSB, tuttavia il problema è sempre più politico e sempre meno commerciale. Poche settimane fa il fondatore di Facebook ha deciso d’imperio di chiudere 271 pagine del suo network ad altrettanti mass-media russi. E il canale russo RT news opera negli Usa già da alcuni mesi con forti limitazioni.

Lo scontro tra Durov e il governo russo divide orizzontalmente la società russa. Un movimento di protesta e di resistenza che ha già iniziato a conformarsi nella rete al seguito proprio di Pavel Durov, vero e proprio guru dei millenials made in Russia. «Quante aziende russe hanno raggiunto il successo all’estero senza prendere un copeco dal bilancio statale e senza vendere un’oncia di risorse naturali?» si chiede Vedomosti in durissimo editoriale apparso mercoledì in difesa di Telegram. «Lo stato russo avrebbe dovuto dare il benvenuto a Pavel Durov come suo principale alleato, ma invece lo ha reso un nemico. Grazie a Durov, i russi hanno Vkontakte – un social network che non ha mai ceduto alla pressione di Facebook. Pavel Durov è diventato un eroe per la sua generazione, un modello per milioni di persone e uno dei più famosi e rispettati russi del mondo», ha scritto Meduza sulla stessa lunghezza d’onda.