Continua a salire la tensione nei rapporti tra Stati Uniti e Russia dopo le parole di Joe Biden, che durante un’intervista con Abc News ha definito l’omologo Vladimir Putin «un assassino», aggiungendo che la Russia «pagherà» per le interferenze nelle elezioni presidenziali del 2020.

L’ipotesi di un errore nella comunicazione di Biden – che sembrava inizialmente avvalorata dalle dichiarazioni di Jalina Porter, vice portavoce del Dipartimento di Stato, sulla «volontà di continuare a lavorare con la Russia» – è stata smentita ieri dalla portavoce della Casa Bianca, Jen Psaki, che ha dichiarato come Biden «non ha alcun rammarico» per aver definito «assassino» l’omologo russo.

Una situazione mai accaduta nemmeno in pena Guerra Fredda, in ogni caso, che ha portato alla risposta, incredibilmente articolata, di Vladimir Putin. Il presidente russo ha augurato all’omologo di «rimanere in buona salute», chiarendo che «lavoreremo con loro, ma nelle aree in cui siamo interessati e a condizioni che siano vantaggiose». Una critica più pacata ma ugualmente forte quella del leader russo, aggiungendo che «dovranno fare i conti con le sanzioni, gli insulti e i tentativi di fermare il nostro sviluppo».

«CI SONO MOLTI eventi drammatici nella storia di ogni paese, ma quando valutiamo altri Stati o altri popoli ci guardiamo sempre un po’ allo specchio: si tende a trasferire sugli altri quello che noi siamo», ha continuato Putin, ricordando tra i «momenti bui» della storia statunitense «il genocidio delle tribù indiane e un lungo, difficile periodo di schiavitù» con gli afroamericani che «devono ancora affrontare ingiustizie e sterminio».

Sicuramente un contesto di altissima tensione, difficile da risolvere senza un chiarimento diretto tra i due leader che potrebbe avvenire già oggi o lunedì prossimo, come annunciato da Putin all’emittente Rossija 24: un confronto che, ha aggiunto, potrebbe svolgersi in diretta streaming. Certo è che le parole di Biden danneggiano ulteriormente il rapporto con Mosca, già in bilico a causa della vicenda connessa all’avvelenamento e all’arresto dell’oppositore russo Aleksej Navalnyj, e alle violenze delle forze dell’ordine durante le manifestazioni di piazza che sono seguite.

ALLE PAROLE di Biden è seguito un terremoto di reazioni in Russia: il giorno stesso il ministero degli Esteri di Mosca Sergej Lavrov ha richiamato l’ambasciatore Anatoly Antonov per «consultazioni volte ad analizzare come muoversi nel rapporto con gli Stati Uniti, che Washington ha portato ad un punto morto».

Dura anche la reazione di Maria Zakharova, portavoce della diplomazia russa, che tornando a parlare di «isteria anti-russa» ha ricordato come le accuse di Biden, arrivate dopo la pubblicazione di un rapporto d’intelligence secondo cui Putin avrebbe autorizzato azioni per danneggiarne la campagna elettorale, siano analoghe a quelle avanzate per la vittoria di Donald Trump. «Sono finiti in un vicolo cieco politico interno: probabilmente è necessaria una nuova agenda», ha detto.

Anche l’ex presidente russo Dmitrij Medvedev, ora vicepresidente del Consiglio di sicurezza, ha commentato la crisi diplomatica citando Sigmund Freud, affermando che nella vita non vi è nulla di così dispendioso quanto la malattia e la stupidità».

In ogni caso, le parole di Biden appaiono distanti dalla strategia seguita finora con la Russia, che lo stesso presidente Usa ha descritto affermando che «si può camminare e masticare un chewing gum allo stesso tempo». In altre parole, gli Stati Uniti continueranno a lavorare con la Russia in aree strategiche come il controllo degli armamenti, mantenendo tuttavia una «linea dura» su altri dossier come il rispetto dei diritti umani.

UN APPROCCIO che ha finora contribuito a un’immagine di Biden distante da quella del suo predecessore, più volte accusato di avere legami con la Russia, e ad evitare che le tensioni confluissero su dossier strategici per gli Stati Uniti. In particolare, la crisi rischia di avvicinare ulteriormente Mosca alla Cina, il cui approccio giudicato «espansionistico» da sempre preoccupa Washington: proprio mercoledì il portavoce della diplomazia cinese Zhao Lijian ha annunciato una visita a Pechino di Sergej Lavrov, dal 22 al 23 marzo.