Copertina elegantissima su lucido nero dove campeggia – accanto a nome e titolo – un’immagine anni’70 del baronetto. È Pure McCartney più che un’antologia, un vero autentico bignami della carriera solista e insieme agli Wings di Paul Mc Cartney e che arriva nei negozi e sui digital stores il 10 giugno per i tipi della Universal. Accantonando gli otto anni trascorsi con i Beatles, la scelta dei compilatori – guidati dallo stesso macca in prima linea – si concentra sul repertorio che si estende dall’album eponimo del 1970 e arriva a Hope for The Future, il suo brano del 2014 tratto dal videogioco Destiny. Discografia generosa, non sempre ispirata ma con dentro almeno un paio di titoli decisamente di livello, anche nelle stagioni diciamo così meno… fortunate.

2vis2copertinaMCCARTNEY

«Io e il mio team – ha spiegato Paul nel corso di un’intervista londinese parlando del progetto che si compone di 67 tracce nella versione deluxe di 4cd, 39 in quella doppia e 4 lp – abbiamo pensato di mettere insieme una raccolta dei miei brani non avendo altro in mente se non l’idea di avere qualcosa di divertente da ascoltare».
Si parte – nel box deluxe – con Maybe Amazed, dove sono ancora evidenti gli echi beatlesiani: architetture sonore perfette, attenzione alle armonie e melodie infallibili, per poi planare su Band on the Run (1973) forse il capitolo più completo della sua discografia, qui appaiono fra l’altro in sequenza Live and Let Die, tema del film omonimo della serie 007 e Jet, canzoni registrate a Lagos, in Nigeria. Come autore McCartney non si è mai fermato, ha toccato generi e stili – a volte eccedendo e qualche volta strizzando d’occhio alla moda del momento, come è accaduto con Coming up, la parentesi disco del 1980 da McCartney 2. Ma c’è spazio per le hit «impreviste», come Mull of Kintyre, la ballata folk numero uno in tutto il mondo nel natale del 1978. «Non pensavo affatto di stare per scrivere un successo, avevo in mente questa melodia scozzese molto classica, tanto che avevo anche inserito delle cornamuse per dargli quel tocco molto vintage. E poi in quel periodo passavo molto tempo in Scozia… Ma la cosa incredibile è che erano gli anni del punk, era impensabile immaginare che un ’valzer scozzese’ riuscisse a toccare il cuore di così tanti fan…».

Macca non crede nella ricetta perfetta del successo: «Non so comporre a tavolino una hit, quando succede io penso sia come far uscire un coniglio dal cilindro…». Era una costante anche con i Fab Four: «È successo quando abbiamo inciso Get Back, l’ho sempre pensata come il frutto di una jam session. Poi la gente mi ha detto, ma guarda che funziona benissimo. Così siamo stati ’costretti’ a farla uscire come singolo. Ma non ci credevo nemmeno quando Twiggy mi confessava di essere impazzita per quel brano. Però se piaceva tanto, mi dicevo, deve per forza funzionare…». Nella carriera di Paul – solista e post Wings (la band si scioglie nel 1981…) – sono state tante le collaborazioni, prima il duetto con Stevie Wonder contro ogni discriminazione razziale di Ebony and Ivory («ebano e avorio – recita il refrain – vivono in perfetta armonia»), e poi quello con Michael Jackson inciso nel 1983 per l’album Pipes of Peace , nel box presente in un remix del 2015.

Forse il vertice – ed è una pecca dei compilatori non avergli dedicato spazio a sufficienza – è la collaborazione con Elvis Costello, in Flowers In The dirt (1989) e (con minori esiti) in Off The Ground (1993). Ma è solo un piccolo neo, per un’antologia esauriente e che ben inquadra gli anni post Beatles dell’artista. «Il termine carriera – spiega – è un po’ fuorviante perché per me è più un’avventura musicale che non un lavoro. Mi piace e mi stupisce il fatto che io sia stato coinvolto nella scrittura e registrazione di così tanti brani, così diversi gli uni dagli altri».