Sono solo pupazzetti, sorge istintivo e liberatorio pensare giocando alle innumerevoli tragedie di Bravely Default 2, gioco di ruolo di Square-Enix uscito in esclusiva per Nintendo Switch, abitato da personaggi disegnati in uno stile riconducibile al «Chibi», che in giapponese significa «bambino piccolo». Si tratta di caratteri dalla testa e il corpo sproporzionati che restituiscono appunto l’idea di essere un giocattolo, bambolotti dall’apparenza deliziosa e tenera malgrado le armi che impugnano e le armature che indossano, «esseri» non realistici che in Bravely Default 2 si trovano tuttavia a vivere drammi che contraddicono in maniera drastica la forma fanciullesca, così che il pathos risulta più sopportabile.

In Bravely Default 2, cornice fantasy e apocalittica convenzionale secondo la tradizione dei giochi ruolo giapponesi classici, avremo a che fare con un parricidio, con abbietti infanticidi perpetrati da un’artista psicopatica, con i sacrifici umani e le torture fisiche e psicologiche dell’inquisizione, con stragi di massa e morti struggenti e prolungate in una narrazione che risulterebbe ancora più sconvolgente se avessimo a che fare con personaggi realistici, forse quasi intollerabile. Eppure questa storia patetica, che non contempla solo la superficie del dramma in una pornografia della tragedia (come spesso accade nelle Cronache del Ghiaccio e del Fuoco di Martin e nella celeberrima serie da queste tratta) ma lo traduce per essere oggetto di riflessione e un punto di partenza critico per delle corrispondenze con il reale. L’intreccio eleva Bravely Default 2, già un ottimo gioco di ruolo, a tragedia universale, dove una serie di terribili ingiustizie motivano il giocatore coinvolgendolo per decine di ore, inducendolo a dimenticare la ripetizione spossante di centinaia di battaglie per salire di livello e padroneggiare le nuove abilità necessarie per sconfiggere nemici dalla malvagità così esasperata che abbatterli risulta un dovere etico e fonte del piacere ludico.

Illustrato con tecniche diverse della rappresentazione, ammirevoli disegni a mano e altri ambienti poligonali talvolta meno ispirati, Bravely Default 2 ci fa controllare quattro eroi: un immemore marinaio naufrago, una principessa senza più regno, uno studioso girovago e un’avventuriera che cela un segreto. Sembra di giocare un Final Fantasy delle origini non solo per la centralità di magici cristalli elementali, ma per i combattimenti a turni e per il sistema delle «classi», ovvero la possibilità di scegliere, progredendo nel gioco, di essere un mago nero o bianco, un maestro di spade, un arciere, un alchimista, un cavaliere corazzato, un pittore magico, un ninja e così via. Non ci sono «classi» superflue, perché ognuna di queste possiede abilità utili per annientare un particolare nemico in apparenza imbattibile.

Secondo la ritmica dei giochi di ruolo classici, che qui ancora una volta dimostrano il loro imperituro valore ludico, in Bravely Deafault 2 esploriamo pericolosi sotterranei o selve incantate, ardenti rovine desertiche o caverne glaciali; visitiamo città meravigliose e conversiamo con i loro abitanti; intraprendiamo missioni secondarie, cerchiamo tesori e combattiamo contro orde di creature mostruose selezionando le mosse difensive o offensive dei nostri quattro eroi.

I combattimenti mantengono la struttura dei precedenti episodi di Bravely Default: possiamo scegliere se compiere subito un’azione o conservarla per i turni successivi in modo di sommarla e combinarla con le altre. Si tratta di un modo di lottare profondamente strategico e riflessivo, davvero appagante e complesso, tanto che i combattimenti contro i «boss» più ostici possono durare oltre la mezz’ora. Bravely Default 2 non termina al primo, ovviamente patetico, finale ma ci spinge oltre, a lottare contro il destino infrangendo il tempo e l’illusione della conclusione, evitare la morte e infine trionfare. Non fermatevi allo scorrere dei primi titoli di coda, perché la storia è ancora lunga e «dobbiamo» terminarla, per la salute di chi ancora soffre in questo mondo fittizio e per onorare la memoria di chi è perito in tanto strazio, sebbene sia solo un pupazzo buffo fatto di numeri.