«E’ del tutto evidente che il Piano in discussione al parlamento sardo è un passo, anzi di più, tanti passi indietro. Pensare ancora che il via a nuovo cemento, qualunque esso sia, possa essere una prospettiva di sviluppo, significa non tener conto della realtà e anche di quelli che sono gli scenari previsti per i prossimi anni». Così Antonio Canu, presidente di Wwf Italia Oasi.

E’ ampliando le strutture alberghiere già esistenti o peggio ancora costruendone di altre che si favorisce il turismo?
Assolutamente no. Il turismo ha bisogno piuttosto di servizi efficienti, di innovazione, di maggiore coerenza con quello che offre il territorio. Soprattutto c’è bisogno di un turismo responsabile che sia partecipe delle politiche di tutela del patrimonio naturale e paesaggistico e non complice del suo degrado. I tempi sono cambiati, i turisti sono più attenti alle tematiche ambientali, al rispetto dei luoghi, alle scelte sostenibili. Soprattutto in luoghi dove c’è poco da aggiungere – se non nulla – alla bellezza che offrono, non è la struttura che fa la differenza, ma quanto e in che modo posso godere di questa bellezza. La quale è certamente una risorsa, ma non per questo da sfruttare senza porsi dei limiti. Questo non significa non offrire un’ospitalità di qualità, tutt’altro. Non si misura infatti la qualità creando nuovi spazi, ma esattamente il contrario. Chi viene in Sardegna non viene per una piscina in più o in meno, ma per trovare la spiaggia che cercava o per ritrovare quella che ha già goduto negli anni precedenti.

Posizioni che vengono lette come contrarie allo sviluppo, perfino retrograde.
Sì, come visioni di ambientalisti da salotto. Ebbene se la classe politica e gli amministratori nel tempo avessero ascoltato la voce degli ambientalisti, voce che non è mai di parte, ma è per la collettività, avremmo molti problemi e danni in meno. A cominciare da quelli che ha subito il territorio con conseguenze negative anche sulle comunità – frane, alluvioni, inquinamento – a quelli più globali come i cambiamenti climatici. La Sardegna ha le risorse e gli spazi per un’economia sostenibile, con l’ambiente al centro delle politiche di sviluppo. Che sia il turismo, l’agricoltura, l’energia rinnovabile. Che ancora oggi si discuta di cemento è davvero anacronistico.

E un posto importante potrebbero averlo i parchi naturali…
È mai possibile che in Sardegna i parchi vengano ancora visti come un limite e non come un’opportunità? Sono essenziali per sviluppare quella forma di turismo in crescita su tutti i mercati mondiali legata alla natura? Di cosa si ha paura? Di perdere qualche fetta di potere? Ci sono Stati, non regioni, che vivono proprio di questo.

Il problema quindi è una cultura sbagliata?
Sì. Il Piano casa in discussione in Sardegna è il risultato di una cultura che guarda al passato. Eppure proprio l’emergenza che stiamo vivendo dovrebbe farci pensare. E’ bastato un virus, un’invisibile creatura vivente, a mettere in crisi un pianeta. Non è allora il tempo di pensare ad un nuovo rapporto con il territorio che sia meno invasivo? Che sia equilibrato nelle scelte? Cosa c’entra una stanza di più in un albergo con la pandemia? Apparentemente niente, ma intanto quella stanza è vuota perché i viaggi sono fermi. E se sono fermi è perché qualcosa è accaduto. E quel qualcosa è dipeso da noi. Soprattutto non c’è bisogno di nuove stanze. Facciamoci bastare quelle che ci sono, anzi riduciamole. E magari recuperiamo in maniera intelligente i centri dei piccoli borghi, per mantenere vive quelle comunità che stanno perdendo non solo la memoria, ma anche il futuro.