Armando Perotti si starà rivoltando nella tomba. L’intellettuale barese, a cui fu “dedicato” il complesso immobiliare edificato nel 1995 sul lungomare di Bari, mai avrebbe immaginato che il suo cognome sarebbe stato legato ad un caso che farà scuola nella giurisprudenza italiana.

Lo Stato italiano nella giornata di ieri ha infatti versato 31,8 milioni di euro a titolo di risarcimento danni alla Sud Fondi, società della famiglia Matarrese proprietaria di Punta Perotti. Il pagamento è avvenuto dopo che il tribunale di Roma ha accolto l’istanza degli avvocati dei costruttori baresi nei confronti dello Stato. I 37 milioni di euro versati (31,7 alla Sud Fondi dei Matarrese e 8 alla Mabar degli Andidero), si sommano ai 7 versati un anno fa come anticipo. In totale, il risarcimento ammonta a 49 milioni di euro: 37 per la Sud Fondi, 9,5 per la Mabar e 2 alla Iema di Quistelli. Si tratta dei primi decreti ingiuntivi da parte di un giudice italiano nei confronti dello Stato sulla scorta di una sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Ma per capire come si è arrivati a tale epilogo, bisogna fare un salto indietro nel passato, in una storia che affonda le radici nell’impervia giungla della burocrazia italiana.

A cominciare dall’ok a costruire che nel ‘95 i gruppi Andidero, Matarrese e Quistelli, ricevettero dal comune di Bari che giudicò i terreni edificabili ai sensi del piano regolatore generale comunale. Un errore marchiano, visto che si trattava di un’area adiacente al lungomare di Bari ed alla spiaggia “Pane e Pomodoro”. Due anni dopo infatti, dopo che i ministeri per i Beni Culturali e Ambiente con Legambiente avviarono una vertenza contro i costruttori, la procura barese ordinò il sequestro preventivo dei suoli e dei palazzi edificati. L’enorme complesso immobiliare, secondo i magistrati, deturpava un’area naturale protetta. Da qui ebbe inizio una lunga battaglia legale tra confische e dissequestri, confluita in un processo che si concluse nel 2001, quando la Cassazione dispose la definitiva confisca, con i costruttori che annunciarono l’avvio dell’azione legale per risarcimento danni alla Corte europea. In quanto ritenevano la confisca incompatibile con la loro assoluzione.

Nel 2004, i tre gruppi imprenditoriali decisero di pignorare l’edificio, iniziando una trattativa con il Comune per trovare una soluzione concordata. Accordo che però non fu trovato: nel 2005 infatti, il giudice di appello revocò l’ordinanza del giudice di esecuzione dichiarando pignorabile l’area con la possibilità di demolire gli edifici.

A quel punto, il Comune prese la palla al balzo optando per la demolizione, che avvenne nell’aprile 2006, ignorando la richiesta di un referendum consultivo richiesto da molti partiti e associazioni del capoluogo. Nel 2009 la Corte europea, anticipando la futura sentenza, affermò che la confisca avvenne in violazione del diritto della protezione della proprietà privata e della Convenzione dei diritti dell’uomo. Nel 2010, il Tribunale di Bari revocò la confisca, restituendo i suoli ai costruttori anche se gli stessi non ne sono ancora rientrati in possesso. Nel 2012 infine, giunse la sentenza della Corte europea che condannò lo Stato a pagare 49 milioni di euro alle imprese che costruirono Punta Perotti.

Ed arriviamo così ai giorni nostri, con il decreto ingiuntivo promosso presso il tribunale di Roma dagli avvocati dei gruppi Matarrese e Andidero. Difficile dire cosa accadrà adesso. Su quei terreni infatti, dopo la demolizione sorse il Parco della Legalità, realizzato dal Comune su un’area oggi giudicata non edificabile dal Piano paesaggistico regionale ma di proprietà privata.

Certo è che la vicenda giudiziaria non è ancora conclusa. Proprio oggi infatti, si terrà presso il tribunale di Bari un’udienza del processo in cui si discute la richiesta di risarcimento danni avanzata dai costruttori nei confronti dell’ex amministrazione Di Cagno Abbrescia che concesse il permesso a costruire. La richiesta di risarcimento danni ammonta a 477 milioni di euro (dal quale devono essere detratti i 49 liquidati) per i danni subiti che vanno dai costi sostenuti per l’acquisto dei terreni alle spese legali sostenute nei procedimenti.