Il «caso Iuventa» innesca la procedura del conflitto europeo sui migranti nel Mediterraneo. La motonave, che batte bandiera olandese, appartiene a una ong tedesca e non ha sottoscritto il codice di condotta per le Ong del Viminale, è stata messa sotto sequestro giudiziario ieri a Lampedusa.

Fra la “frontiera” della piccola isola, l’inerzia di Bruxelles e la “lavatrice” di Berlino si consuma il gioco delle parti. Un’imbarcazione al servizio di chi rischia di annegare nel mare “sigillata” dalla Procura di Trapani. Un fascicolo vecchio di nove mesi rispolverato giusto dopo la mancata firma al “codice Minniti”. Un diplomatico silenzio dei governi e della Ue come se non fosse il precedente su misura.

TUTTO COMINCIA MARTEDÌ con la Iuventa intercettata da un’imbarcazione militare libica – per altro in acque fra 12 e 24 miglia su cui non aveva giurisdizione – con l’esplicito “invito” ad allontanarsi. In serata arriverà, invece, l’ordine della Guardia Costiera di Roma di far rotta verso il porto siciliano con i due migranti salvati in precedenza dalla “Charlie Papa” della Guardia Costiera italiana.

Approdato a Lampedusa l’intero equipaggio della motonave che appartiene all’associazione Jugen Rettet viene sottoposto ai controlli di passaporti e documenti marittimi. Ieri in mattinata tutti si presentano alla stazione di polizia, senza aver subìto misure restrittive né aver ricevuto altre informazioni. Sembrava una verbalizzazione di spontanee dichiarazioni. Invece, poco prima delle 16 scatta la perquisizione della Iuventa. Sulla banchina di Lampedusa sette volanti, tre camionette e diverse auto di Guardia costiera e Polizia con personale in borghese. Metà equipaggio è a bordo, mentre gli altri devono restare a terra.

In serata la nota della Polizia annuncia il sequestro della motonave per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il drastico provvedimento è firmato da Emanuele Certosimo, gip di Trapani, su richiesta del sostituto procuratore Andrea Tarondo. «Le indagini, avviate nell’ottobre 2016 e condotte con l’utilizzo di sofisticate tecnologie investigative, hanno consentito di raccogliere elementi indiziari in ordine all’utilizzo della Iuventa» si legge nel comunicato ufficiale. Il fascicolo della magistratura (aperto a carico di ignoti) fa riferimento a tre episodi: il 10 settembre 2016 con il trasbordo di 140 migranti da un’imbarcazione che tornava in Libia; due giorni dopo un “incontro” con trafficanti libici che si riportano a terra il motore della loro imbarcazione; un analogo episodio sarebbe accaduto il 14 febbraio 2016 con tanto di segnalazione ai servizi segreti dell’Aise. L’inchiesta di Trapani è scattata in base alle dichiarazioni di due operatori della Vos Hestia, la nave di Save The Children (la ong che ha sottoscritto il nuovo codice di comportamento), si spiega nel comunicato.

TOMMASO GANDINI, attivista della campagna #overthefortress e collaboratore del sito Melting Pot, da una settimana si era imbarcato sulla Iuventa proprio per raccontare quel che accade nel Mediterraneo dopo l’entrata in vigore del decreto Minniti. «Questa era la missione numero 9 della motonave di Jugen Rettet, che aveva pubblicamente annunciato per bocca di Titus Molkenbur (coordinatore della Iuventa) di non aver firmato il “codice di condotta” perché non segue i principi umanitari della ong tedesca» spiega al telefono da Lampedusa, «A bordo eravamo una decina, compresi tre medici e due ingegneri: gli olandesi Mike e Teun; Niklas, un tedesco di 22 anni che lavora sulle navi mercantili e che ha il ruolo di ufficiale in seconda; Jannis da Atene, con un brevetto da bagnino e una lunga esperienza a Lesbo nel soccorrere i migranti; Bill, originario del Texas ma che arriva dall’India. Una “ciurma” che si è ritrovata improvvisamente al centro di una vicenda che dimostra lo scarto fra il ruolo dell’Italia nella “fortezza Europa” e chi si mette in gioco a fianco dei migranti».
IN GERMANIA la notizia rimbalza da Lampedusa. La Iuventa batte bandiera olandese, ma è una nave tedesca: Jugend Rettet E.V. è registrata a Berlino e l’ex peschereccio è stato varato nei cantieri di Emden in Frisia. Eppure il caso non trova molte sponde: con rare eccezioni, l’informazione tedesca si limita a riprendere agenzie e siti italiani. Nessuna traccia di dichiarazioni politiche, mentre emerge solo il dubbio “procedurale” della Faz: «Violazione del diritto marittimo internazionale?». Perfino l’onniscente Bild non distoglie l’attenzione dal Dieselgate. Per Berlino, a due mesi dal voto federale, Jugend Rettet non vale l’apertura di un caso “diplomatico” con Roma.

AL CONTRARIO, BERLINO apprezza ufficialmente il calo del flusso di migranti dal Mediterraneo con il governo Gentiloni mentre un pezzo di Grande Coalizione ha già preso nota che l’ex premier Matteo Renzi propone di aiutare i profughi «a casa loro», proprio come la Csu.
Del resto, gli effetti collaterali della “politica della porta aperta”, come i vincoli del protocollo di Dublino, non sono più un problema tedesco. In Germania, il numero di rifugiati si è ridotto drasticamente raggiungendo dimensioni politicamente gestibili: nel 2017 l’Ufficio federale per l’immigrazione attende l’arrivo di “appena” 387 mila nuovi richiedenti asilo. Per questo la cancelliera Merkel vola nei sondaggi verso il quarto mandato. La rilevazione Stern-Rtl del 2 agosto restituisce il record di popolarità di Mutti da settembre 2015 (52%) con Martin Schulz, leader e candidato Spd, sprofondato al 21%.